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Definite le sanzioni per il mancato utilizzo del POS

L’obbligo di POS per alcune categorie di imprese e professionisti venne introdotto nel 2012 con il D.L. 179/2012. In particolare detto obbligo è rivolto a:

  • negozi e attività commerciali
  • artigiani
  • bar, pizzerie, ristoranti e altre attività di ristorazione
  • liberi professionisti che esercitano in proprio e hanno un rapporto diretto con il cliente
  • hotel, b&b, agriturismi e altre strutture ricettive

Fino ad oggi, però, detto obbligo non era assistito da una corrispondente sanzione, comportando quindi un’applicazione dello stesso lasciata all’adempimento spontaneo dei destinatari dell’obbligo.

Con un emendamento approvato in sede di conversione del D.L. 152/2021, che riguarda “Disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per la prevenzione delle infiltrazioni mafiose”, è stato approvato un emendamento che introduce delle specifiche sanzioni per la violazione dell’obbligo.

Con detto emendamento è previsto che, in caso di rifiuto di pagamento con bancomat o carta di credito, l’esercente o il professionista saranno colpiti da una sanzione di 30 euro aumentata del 4% del valore della transazione per la quale è stato rifiutato il pagamento. Il cliente potrà quindi denunciare la mancata accettazione agli organi preposti (Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza) che potranno verificare la volontà dell’esercente di violare la legge comminando la relativa sanzione.

Si ricorda che il legislatore, per scoraggiare l’uso dei contanti e favorire pagamenti tracciabili, ha anche previsto un sistema di incentivi allo scopo di aiutare liberi professionisti, attività, esercenti e negozianti a sostenere le spese di attivazione del terminale di pagamento Pos.

Per tutti i soggetti che hanno conseguito, nel periodo d’imposta precedente, ricavi o compensi fino a 400.000 euro viene già riconosciuto un credito d’imposta parti al 30% delle commissioni addebitate per le transazioni effettuate mediante carte di credito, di debito o prepagate nonché per le transazioni mediante altri strumenti di pagamento elettronici tracciabili.

Il suddetto credito è stato portato al 100% per gli esercenti che sono dotati di un registratore di cassa elettronico collegato col terminale Pos (con un fatturato annuo uguale o inferiore a 400.000€, ovvero piccole e medie attività che dispongono di un registratore di cassa elettronico per la trasmissione dei corrispettivi).

Inoltre, il D.L. 99/2021 ha introdotto un duplice credito di imposta:

  • il primo credito riconosciuto agli esercenti che tra il 1° luglio 2021 e il 30 giugno 2022 acquistano, noleggiano o utilizzano strumenti collegati a registratori di cassa elettronici (nel limite massimo di spesa per soggetto di 160 euro);
  • il secondo, invece, è riconosciuto sempre agli stessi soggetti che, nel corso del 2022, acquistano, noleggiano o utilizzano strumenti evoluti di pagamento elettronico che consentono anche la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica dei corrispettivi giornalieri, (nel limite massimo di spesa per soggetto di 320 euro).

Dal 1° gennaio si abbassa la soglia per l’utilizzo del denaro contante

Così come previsto già dal D.Lgs 231/2007, dall’1 gennaio 2022 si abbassa ulteriormente la soglia per l’utilizzo del denaro contante che passa da € 2.000 ad € 1.000. Saranno quindi leciti i pagamenti in denaro contante sino a € 999,99.

Il suddetto limite, è bene ricordarlo, si applica ai pagamenti in un’unica soluzione o, per i pagamenti rateali, alle singole rate. Il superamento del limite viene sanzionato anche quando effettuato con più pagamenti, inferiori alla soglia, che appaiono artificiosamente frazionati.

In pratica, giusto per fare un esempio, a fronte di una fattura di un fornitore di Euro 2.500,00, il pagamento potrà avvenire in contanti fino ad Euro 999,99 mentre la restante parte dovrà essere corrisposta con strumenti di pagamento tracciabili (es. bonifico o assegno non trasferibile).

Altresì legittimo risulta che un determinato pagamento (anche con fattura) avvenga attraverso più rate al di sotto della soglia, purché la pluralità di pagamenti a scadenze prefissate sia connaturato all’operazione o frutto di una ordinaria dilazione di pagamento che scaturisce dal preventivo accordo delle parti.

Si rammenta che la soglia è valida anche nei rapporti tra soci e società. Quindi eventuali prelevamenti o versamenti di contanti da o verso la società, da parte dei suoi soci, se riferiti alla medesima operazione (es. un finanziamento), sono soggette alla limitazione di Euro 999,99 a partire dal 2022.

In conseguenza della riduzione, gli assegni bancari e postali devono recare l’indicazione del nome o della ragione sociale del beneficiario e quelli emessi per importi pari o superiori a € 1.000 anche la clausola di non trasferibilità. Gli assegni bancari e postali emessi all’ordine del traente (cioè emessi a sè stesso) possono essere girati soltanto per effettuarne l’incasso.

Pesanti le sanzioni. Per il cittadino che contravviene all’obbligo la sanzione va da un minimo di Euro 1.000,00 e un massimo di Euro 50.000,00. Per il professionista che omette di segnalare l’operazione che viola la soglia, la sanzione va da Euro 3.000,00 ad Euro 15.000,00.

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CON IL DECRETO FISCALE SI ISTITUISCE IL REGISTRO UNICO DEGLI OPERATORI DEL GIOCO PUBBLICO

A partire dal 2020, previa pubblicazione di un apposito decreto del MEF, verrà istituito il Registro unico degli operatori del gioco pubblico.

A prevederlo è l’art. 27 del Decreto fiscale, disponendo che l’iscrizione al registro costituisce titolo abilitativo per i soggetti che svolgono attività in materia di gioco pubblico ed è obbligatoria anche per i soggetti che già esercitavano tale attività.

In particolare l’iscrizione è obbligatoria per le seguenti tipologie di operatori:

  • produttori, proprietari e possessori (o detentori a qualsiasi titolo) di apparecchi da divertimento e intrattenimento idonei per il gioco lecito (AWP o new slot e videolottery, VLT);
  • concessionari per la gestione della rete telematica degli apparecchi e terminali da intrattenimento che siano altresì proprietari degli apparecchi e terminali AWP e VLT;
  • produttori e proprietari degli apparecchi di cui all’articolo 110, comma 7, lettere a), c), c-bis) e c-ter), TULPS (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza – D. 773/1931), nonché possessori o detentori a qualsiasi titolo dei predetti apparecchi con esclusivo riferimento a quelli che possono distribuire tagliandi direttamente e immediatamente dopo la conclusione della partita;
  • concessionari del gioco del Bingo;
  • concessionari di scommesse su eventi ippici, sportivi e non sportivi e su eventi simulati;
  • titolari di punti vendita dove si accettano scommesse su eventi ippici, sportivi e non sportivi, su eventi simulati e concorsi pronostici sportivi, nonché titolari dei punti per la raccolta scommesse regolarizzati da specifici atti normativi e titolari dei punti di raccolta ad essi collegati;
  • concessionari dei giochi numerici a quota fissa e a totalizzatore;
  • titolari dei punti di vendita delle lotterie istantanee e dei giochi numerici a quota fissa e a totalizzatore;
  • concessionari del gioco a distanza;
  • titolari dei punti di ricarica dei conti di gioco a distanza;
  • produttori delle piattaforme dei giochi a distanza e di piattaforme per eventi simulati;
  • società di corse che gestiscono gli ippodromi;
  • allibratori;
  • ogni altro soggetto non ricompreso fra quelli sopra elencati che svolge qualsiasi altra attività funzionale o collegata alla raccolta del gioco.

L’iscrizione andrà rinnovata ogni anno e comporterà il versamento di una somma annuale che varia da un minimo di 200 a un massimo di 10.000 euro. L’esercizio di un’attività funzionale alla raccolta di gioco in assenza di iscrizione al Registro comporterà una sanzione di 10.000 euro è l’inibizione dall’iscrizione al Registro per i successivi cinque anni.

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DALL’1 GENNAIO 2020 ULTERIORE STRETTA ALLE COMPENSAZIONI

Il Decreto fiscale collegato alla Legge di bilancio impone un’ulteriore stretta alle compensazioni di crediti tributari. Vediamo di che si tratta.

Una prima stretta riguarda i tempi entro i quali poter utilizzare i crediti tributari. Come già avviene in campo Iva, dal 2020 anche per compensare i crediti relativi alle imposte sui redditi e relative addizionali, alle imposte sostitutive delle imposte sui redditi e all’Irap, per importi superiori a 5.000 euro annui, si dovrà attendere il 10° giorno successivo a quello di presentazione della dichiarazione da cui il credito emerge. Ciò significa che, ad esempio, un credito Irpef dell’anno 2019 si potrà portare in compensazione 10 giorni dopo la presentazione della dichiarazione dei redditi per l’anno 2019, cioè verosimilmente dal 10 novembre 2020 in poi.

Altra stretta è rappresentata dall’obbligo di utilizzo del canale telematico per le compensazioni dei crediti, esteso a tutti i soggetti, e non solo ai soggetti titolari di partita Iva, e che ricomprende anche “crediti” che si ritenevano finora esclusi dall’obbligo, come ad esempio il c.d. “bonus Renzi”.

Infine viene prevista una pesante sanzione in caso di deleghe di pagamento F24 scartate a seguito di attività di controllo dell’Agenzia come, ad esempio, nel caso di utilizzo di crediti non utilizzabili (ad es. quelli superiori a 5.000 euro prima della presentazione della relativa dichiarazione) o di compensazioni non effettuabili (perché ad esempio il contribuente ha dei debiti per imposte erariali iscritti a ruolo). La sanzione che verrà applicata sarà pari al 5% dell’importo della delega, per importi fino a 5.000 euro, e pari a 250 euro, per importi superiori a 5.000 euro. Le sanzioni saranno applicabili a partire dalle deleghe di pagamento presentate a partite dal mese di marzo 2020.

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STRETTA DELLE COMPENSAZIONI PER CHI CESSA LA PARTITA IVA O VIENE ESCLUSO DAL VIES

Il Decreto Fiscale opera una stretta sulle compensazioni per i soggetti che vengono raggiunti da provvedimenti di cessazione della partita o di esclusione dall’archivio dei soggetti autorizzati ad effettuare operazioni intracomunitarie (VIES).

Per i primi, in caso di notifica di provvedimento di cessazione della partita Iva, scatta il divieto di utilizzo in compensazione di qualsiasi credito, a prescindere da tipologia e importo, anche qualora il credito stesso non sia stato maturato con riferimento all’attività cui la partita Iva si riferisce. Il divieto di compensazione permane fino a quando la partita Iva non risulti cessata.

Per gli esclusi dal VIES il divieto di compensazione scatta solo relativamente ai crediti Iva e permane fino alla rimozione delle irregolarità che hanno generato l’emissione del provvedimento di esclusione.

L’eventuale utilizzo dei crediti in compensazione, in presenza dei suddetti blocchi, genererà lo scarto del modello.

DISCIPLINATO L’ACCOLLO DEL DEBITO D’IMPOSTA ALTRUI

Con il Decreto Fiscale viene disciplinato l’istituto dell’accollo del debito d’imposta altrui, così come previsto dallo Statuto del Contribuente ma che non ha mai ricevuto una compiuta disciplina, in assenza di un decreto ministeriale che né disciplinasse le modalità di attuazione.

In particolar modo il Decreto Fiscale specifica che se un soggetto (accollante) prende su di sé il debito di un altro soggetto (accollato), non potrà soddisfare il debito utilizzando propri crediti tributari in compensazione, e se viola tale divieto i pagamenti si considereranno non avvenuti a tutti gli effetti di legge.

In deroga alla disciplina generale prevista in materia di sanzioni tributarie, le sanzioni per la violazione della disciplina sul divieto di compensazione sono irrogate con atti di recupero da notificare, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello in cui è stata presentata la delega di pagamento.

In casi di violazioni vengono irrogate le seguenti sanzioni:

  1. a) all’accollante le sanzioni pari al 30% del credito, se il credito indebitamente compensato è esistente, o dal 100 al 200% dell’importo, laddove il credito sia inesistente;
  1. b) all’accollato la sanzione pari al 30% del dovuto recuperando l’imposta dovuta e gli interessi, importi dovuti per i quali l’accollante è coobbligato in solido.
Studio Mami - News -Sblocca Cantieri - causa esclusione

La nuova causa di esclusione dalle gare prevista dallo Sblocca Cantieri per le gravi irregolarità fiscali e contributive, anche se non definitivamente accertate.

Nel testo del Decreto Legge Sblocca Cantieri, tra le modifiche più significative al Codice Appalti vi è quella in materia di cause di esclusione e requisiti di moralità di cui all’art. 80 del D.Lgs 50/2016.

Se prima della modifica un operatore economico doveva essere escluso dalla partecipazione a una procedura d’appalto se aveva commesso violazioni gravi definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali, il nuovo art. 80 rende possibile (ma, apparentemente, non obbligatoria) l’esclusione anche nel caso di violazioni fiscali e contributive non definitivamente accertate, purché le medesime siano a conoscenza della P.A., che le possano adeguatamente dimostrare.

L’esclusione può essere decisa anche in tutti quei casi nei quali non ci sia ancora una sentenza o un atto amministrativo definitivo, non più soggetto ad impugnazione.

Rimane il requisito della gravità della violazione, che per essere significativa deve essere di un ammontare superiore ai 5 mila euro.

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