Registratori telematici inattivi per ferie o chiusura stagionale: nuovi obblighi per gli esercenti

Con provvedimento del 18 gennaio 2023 l’Agenzia delle Entrate ha approvato le nuove specifiche tecniche per la trasmissione telematica dei corrispettivi giornalieri.

Tra le novità che possono impattare sull’operatività degli esercenti, è stata introdotta quella riguardante l’interruzione dell’attività superiore a 12 giorni.

A partire dall’1 luglio 2023, quando l’esercente deve interrompere l’attività per una qualsiasi motivazione (ferie, chiusura stagionale, ecc.) e tale sospensione avverrà per un periodo superiore a 12 giorni o quando non si conosce a priori la durata dell’inattività, è necessario porre il registratore telematico nello stato “Fuori servizio” per comunicare al sistema l’inizio del periodo di inattività. Sarà poi il registratore telematico a riattivarsi automaticamente alla prima trasmissione utile.

L’Agenzia delle Entrate ha però precisato che tale adeguamenti (e la relativa comunicazione) sono obbligatori solo per i registratori telematici omologati dalla data dell’1 luglio 2023 o per i quali è stata richiesta una variante a partire da tale data.

Se, invece, il registratore telematico è entrato in funzione prima dell’1 luglio 2023 (e quindi di regola è stato acquistato prima di tale data) la mancata trasmissione dell’informazione preventiva:

  • non comporta in nessun caso l’applicazione di un’autonoma sanzione;
  • la segnalazione di “anomalia” sarà gestita come in passato dall’Agenzia delle Entrate e la suddetta comunicazione è quindi una facoltà e non un obbligo.

Si consiglia comunque di contattare il fornitore del proprio registratore telematico per avere informazioni su come attivare il periodo “Fuori servizio” direttamente dal registratore stesso, in modo da poter procedere in autonomia qualora si volesse effettuare la comunicazione facoltativamente o per obbligo.

Corrispettivi telematici: perché è importante il controllo da parte del cliente

Con l’entrata in vigore dell’obbligo di trasmissione telematica dei corrispettivi, tale attività avviene in forma automatica attraverso gli stessi registratori telematici la cui manutenzione deve essere affidata ad un’azienda specializzata che si occupi dell’assistenza tecnica, della manutenzione periodica e dell’aggiornamento costante dei tracciati informatici

Oltre a dover stipulare un apposito contratto con una ditta specializzata, è però di grande importanza rammentare che spetta al contribuente la verifica dell’avvenuta trasmissione dei dati all’Agenzia delle Entrate, chiamando il tecnico in caso di anomalie.

Il controllo è importante per evitare pesanti sanzioni in quanto anche in presenza di violazioni formali (che consistono nella omessa, tardiva o infedele trasmissione telematica dei corrispettivi), anche qualora non incidano sulla corretta liquidazione Iva, la sanzione applicabile è di Euro 100 per ogni singola trasmissione omessa, tardiva o infedele.

È evidente che questo tipo di controllo non può essere demandato al commercialista in quanto quest’ultimo non ha diretto accesso al registratore di cassa e quindi, anche qualora si avvedesse di un errore al momento della registrazione contabile dei corrispettivi, lo farebbe quando ormai la violazione si è consumata e quindi la sanzione è irrogabile. Se, ad esempio, il registratore di cassa non trasmettesse i corrispettivi relativi a 15 giorni di luglio e il commercialista se ne avvedesse già nel mese successivo, il contribuente potrebbe comunque subire una sanzione di 1.500 euro.

E’ quindi importante che ogni contribuente obbligato alla trasmissione telematica dei corrispettivi impari ad accedere al portale dell’Agenzia delle Entrate “FATTURE E CORRISPETTIVI” accessibile all’indirizzo https://ivaservizi.agenziaentrate.gov.it/portale/ per verificare che il proprio registratore telematico spedisca correttamente i dati dei corrispettivi giornalieri, dei giorni di chiusura, degli importi assoggettati ad Iva (o non assoggettati ad iva per i clienti in regime forfettario).

In particolar modo andrà verificato:

  • che l’imponibile e l’Iva dei corrispettivi giornalieri corrispondano con quelli effettivi (in questo senso si consiglia di mantenere compilato il registro dei corrispettivi anche se non più obbligatorio)
  • che il registratore telematico abbia comunicato giornalmente i corrispettivi
  • che il registratore telematico abbia comunicato correttamente i giorni di chiusura e di inattività
  • controllare il dettaglio di ogni singola spedizione per verificare la corretta applicazione delle aliquote Iva.

Regime forfettario: niente sanzioni al sostituto senza colpa

Con un recente interpello (245/2023) l’Agenzia delle Entrate ha chiarito le responsabilità per i soggetti che hanno rapporti con contribuenti in regime forfettario, nel caso in cui questi ultimi scoprano tardivamente di non poter accedere al regime.

In particolar modo, nel quesito posto all’Agenzia, un contribuente aveva ricevuto prestazioni da un altro contribuente, quest’ultimo in regime forfettario, il quale si accorgeva tardivamente di non poter accedere a detto regime. A seguito di ciò lo stesso emetteva documenti rettificativi delle operazioni poste in essere, emettendo poi nuove fatture con l’esposizione di Iva e ritenuta d’acconto.

Il contribuente istante chiedeva quindi come comportarsi in merito alle ritenute d’acconto non versate nei termini.

L’Agenzia in merito evidenziava che:

  • per le ritenute relative ad anni passati, il cui reddito era ormai confluito nella dichiarazione dei redditi, nessun versamento doveva essere effettuato;
  • per le ritenute relative ad anni per i quali non era ancora scaduto il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi, invece, il contribuente istante avrebbe dovuto versare le ritenute per conto del contribuente che aveva applicato erroneamente il forfettario.

In quest’ultima casistica però (e qui sta la parte d’interesse dell’interpello) il sostituto non dovrà corrispondere sanzioni in applicazione dell’art. 6 D.Lgs. 472/1997 che esclude la responsabilità quando l’errore non è determinato da colpa.

Se quindi il contribuente istante può dimostrare di non aver in alcun modo potuto verificare l’esistenza dei requisiti per l’accesso al forfettario dell’altro contribuente, è esonerato da sanzioni per il ritardato versamento delle relative ritenute.

Divieto di pratiche commerciali sleali nella filiera agricola e agroalimentare

Con il D.Lgs. 198/2021 è stata data attuazione ad una direttiva UE in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese della filiera agricola e alimentare.

La nuova disciplina è applicabile a tutte le cessioni di prodotti agricoli e alimentari eseguite da fornitori stabiliti sul territorio nazionale, indipendentemente dal fatturato, e con esclusione delle cessioni concluse direttamente tra fornitori e consumatori, introducendo norme che prevalgono su qualsiasi altra norma contrastante.

Vediamo alcune delle principali previsioni della normativa.

Obbligo di forma scritta

Tra le previsioni inderogabili vi è quella per la quale i contratti di cessione di prodotti agricoli e alimentari devono essere obbligatoriamente conclusi mediante atto scritto stipulato prima della consegna ed indicante la durata, la quantità e le caratteristiche del prodotto oggetto di cessione, il prezzo, le modalità di consegna e di pagamento.

La forma scritta può essere soddisfatta attraverso documenti di trasporto o di consegna, fatture, ordini di acquisto, a condizione che gli elementi sopra indicati siano stati precedentemente concordati con un accordo quadro.

Durata minima

La durata minima dei contratti è fissata in dodici mesi, ad eccezione dei casi in cui una durata minore sia giustificata, anche dalla stagionalità dei prodotti, e sia concordata dalle parti contraenti o risulti da un contratto stipulato con l’assistenza delle rispettive organizzazioni professionali maggiormente rappresentative a livello nazionale e presenti in almeno cinque camere di commercio, anche attraverso articolazioni territoriali e di categoria.

Al di fuori delle deroghe ammesse, la durata inferiore a quella minima si considera comunque pari a dodici mesi.

Tale disposizione non si applica nel caso in cui l’acquirente svolge attività di somministrazione di alimenti e bevande in pubblico esercizio.

Termini di pagamento

E’ considerato pratica commerciale sleale il il mancato rispetto dei termini di pagamento (rispettivamente 30 giorni per i beni deperibili e 60 per quelli non deperibili, successivi alla consegna o al termine stabilito per la consegna, a seconda di quale delle due date sia successiva); in questi casi il creditore ha diritto inderogabilmente agli interessi legali di mora maggiorati di quattro punti a partire dal giorno successivo alla scadenza del termine.

Altre pratiche vietate

Tra le altre pratiche commerciali vietate dalla normativa troviamo:

  • l’annullamento di ordini per prodotti deperibili con un preavviso inferiore a 30 giorni;
  • la modifica unilaterale delle condizioni di acquisto quanto a luogo, tempi e modalità della fornitura, quantitativi, termini di pagamento e prestazioni accessorie;
  • l’addebito al fornitore della responsabilità per il deterioramento dei prodotti quando tale deterioramento non sia stato causato da colpa o negligenza del fornitore stesso;
  • l’acquisizione, l’utilizzo o la divulgazione illecita, da parte dell’acquirente o di soggetti facenti parte della medesima centrale o gruppo d’acquisto dell’acquirente, di segreti commerciali del fornitore ai sensi del decreto legislativo n. 63/2018 che ha recepito la Direttiva (UE) 2016/943 sulla protezione del know-how riservato e delle informazioni commerciali riservate (segreti commerciali) contro l'acquisizione, l'utilizzo e la divulgazione illeciti;
  • le minacce di ritorsioni e le richieste di risarcimento da parte dell’acquirente per i costi sostenuti per l’esame dei reclami dei clienti;
  • le richieste al fornitore di restituzione di beni invenduti senza corresponsione di pagamento per gli stessi o per il loro smaltimento, di farsi carico dei costi di pubblicità, marketing, scontistica e del personale impiegato per organizzare gli spazi di vendita dei prodotti del fornitore, salvo che dette pratiche non siano state concordate nel contratto di cessione o in accordo quadro in termini chiari ed univoci;
  • acquisto di prodotti agricoli e alimentari attraverso il ricorso a gare e aste elettroniche a doppio ribasso;
  • imposizione di condizioni contrattuali particolarmente gravose, come quella di rivendere i prodotti al di sotto dei costi di produzione;
  • mancata osservanza dell’obbligo di stipula del contratto per iscritto prima della consegna, nonché l’omissione del prezzo e dei criteri per la sua determinazione, della quantità e qualità dei prodotti, della durata del contratto, delle scadenze e procedure di pagamento, delle modalità di raccolta e consegna dei prodotti agricoli e delle norme applicabili in caso di forza maggiore;
  • imposizione di prestazioni accessorie che non abbiano connessioni oggettive con la cessione del prodotto oggetto del contratto;
  • esclusione dell’applicazione di interessi di mora e delle spese di recupero crediti a danno del creditore;
  • inserimento di clausola contrattuale che imponga al fornitore l’emissione della fattura dopo un termine minimo rispetto alla consegna del prodotto;
  • imposizione da parte del fornitore all’acquirente di prodotti con date di scadenza breve rispetto alla vita residua del prodotto, del mantenimento di un certo assortimento dei prodotti del fornitore con inserimento di quelli nuovi e di collocamento degli stessi in posizioni favorite negli scaffali.

Sanzioni

Il mancato rispetto delle previsioni del decreto, comporta sanzioni molto severe, posto che per alcune violazioni la pena può arrivare fino al 5% del fatturato realizzato nell’ultimo esercizio precedente all’accertamento con dei minimi d’importo che vanno dai 1.000 ai 30.000 euro. Nel caso in cui si accerta che nonostante l’inibizione da parte dell’ICQRF (Istituto per il Controllo della Qualità e la Repressione delle Frodi) viene mantenuta una pratica commerciale vietata, è applicata la sanzione massima per il tipo di violazione con limite massimo del 10% del fatturato. Lo stesso limite è previsto per reiterata violazione con sanzione aumentata fino al doppio di quella prevista per la specifica disposizione e fino al triplo per ulteriori reiterazioni.

Decorrenza

Le nuove disposizioni si applicano ai contratti conclusi successivamente alla data del 15 dicembre 2021 di entrata in vigore del decreto, mentre i contratti stipulati anteriormente dovranno essere resi conformi entro il termine di sei mesi dalla suddetta data.

Dichiarazione investimenti esteri

Conti correnti e investimenti all’estero: obbligo di dichiarazione

Un adempimento che molti contribuenti omettono, con conseguenze sanzionatorie importanti, riguarda il cosiddetto “obbligo di monitoraggio fiscale”, cioè l’obbligo di dichiarare in un apposito quadro della dichiarazione dei redditi (il quadro RW) gli investimenti e le attività di natura finanziaria detenute all’estero a titolo di proprietà o di altro diritto reale, indipendentemente dalle modalità della loro acquisizione.

Il monitoraggio fiscale si applica anche quando il contribuente è esonerato dalla presentazione della dichiarazione dei redditi. In questi casi andrà presentato esclusivamente il quadro RW.

È quindi opportuno che ogni contribuente, al momento della compilazione della dichiarazione dei redditi, analizzi la propria posizione al fine di identificare l’esistenza di queste tipologie di investimenti al fine di una pronta dichiarazione degli stessi.

SOGGETTI OBBLIGATI

I soggetti obbligati alla dichiarazione sono:

  • le persone fisiche (anche imprenditori e lavoratori autonomi)
  • gli enti non commerciali
  • le società semplici ed equiparate

che nel corso del periodo d’imposta (quindi anche per solo un giorno) detengono investimenti all’estero ovvero attività estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia. L’obbligo si estende anche ai soggetti che, pur non essendo possessori diretti, sono titolari effettivi dell’investimento.

COSA SI DICHIARA

Il contribuente dovrà dichiarare gli investimenti all’estero e le attività estere di natura finanziaria.

Per investimenti si intendono, ad esempio:

  • gli immobili situati all’estero o i diritti reali immobiliari
  • gli oggetti preziosi
  • le opere d’arte
  • le imbarcazioni e le navi da diporto
  • i beni mobili iscritti in pubblici registri

Per attività finanziarie si intendono, ad esempio:

  • conti correnti bancari (possono essere omessi se complessivamente di importo inferiore a 15.000 euro)
  • valute estere
  • partecipazioni
  • obbligazioni
  • titoli pubblici
  • polizze di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione
  • contratti derivati
  • metalli preziosi

Non è quindi difficile, al giorno d’oggi, potersi ritrovare con un’attività da dichiarare (si pensi ad un conto corrente acceso online presso una banca che ha sede in uno stato diverso dall’Italia).

Sono invece escluse dalla dichiarazione le attività finanziarie e patrimoniali affidate in gestione o in amministrazione ad intermediari finanziari (es. banche) residenti in Italia.

CHE IMPOSTE SI PAGANO

Oltre all’obbligo di dichiarazione di investimenti e attività finanziarie, da qualche anno l’Italia ha introdotto due imposte patrimoniali, l’IVIE e l’IVAFE, che devono essere pagate rispettivamente sugli investimenti (IVIE) e sulle attività finanziarie (IVAFE).

SANZIONI

Le sanzioni per le violazioni degli obblighi di monitoraggio fiscale sono decisamente pesanti.

La violazione dell’obbligo comporta infatti una sanzione amministrativa pecuniaria dal 3 al 15 per cento dell’ammontare degli importi non dichiarati, che sale dal 6 al 30 per cento nel caso di investimenti e attività finanziarie detenute in Stati o territori a regime fiscale privilegiato.

Utilizzo denaro contante

Rinviato al 2023 il limite di utilizzo del denaro contante

Con un emendamento al Decreto Milleproroghe, appena convertito in legge, si rinvia di un anno la previsione del D.Lgs. 231/2007 di riduzione della soglia di utilizzo di denaro contante da € 1.999,99 ad € 999,99. Quindi, ancora per il solo anno 2022, saranno leciti i pagamenti in denaro contante sino a € 1.999,99, mentre la riduzione della soglia ad € 999,99 scatterà dall’1 gennaio 2023.

Il suddetto limite, è bene ricordarlo, si applica ai pagamenti in un’unica soluzione o, per i pagamenti rateali, alle singole rate. Il superamento del limite viene sanzionato anche quando effettuato con più pagamenti, inferiori alla soglia, che appaiono artificiosamente frazionati.

In pratica, giusto per fare un esempio, a fronte di una fattura di un fornitore di Euro 2.500,00, il pagamento potrà avvenire in contanti fino ad Euro 1.999,99 mentre la restante parte dovrà essere corrisposta con strumenti di pagamento tracciabili (es. bonifico o assegno non trasferibile).

Altresì legittimo risulta che un determinato pagamento (anche con fattura) avvenga attraverso più rate al di sotto della soglia, purché la pluralità di pagamenti a scadenze prefissate sia connaturato all’operazione o frutto di una ordinaria dilazione di pagamento che scaturisce dal preventivo accordo delle parti.

Si rammenta che la soglia è valida anche nei rapporti tra soci e società. Quindi eventuali prelevamenti o versamenti di contanti da o verso la società, da parte dei suoi soci, se riferiti alla medesima operazione (es. un finanziamento), sono soggette alla limitazione di Euro 1.999,99 nel 2022 e ad Euro 999,99 dal 2023.

Pesanti le sanzioni. Per il cittadino che contravviene all’obbligo la sanzione va da un minimo di Euro 2.000,00 e un massimo di Euro 50.000,00. Per il professionista che omette di segnalare l’operazione che viola la soglia, la sanzione va da Euro 3.000,00 ad Euro 15.000,00.

Lavoro occasionale

Lavoro occasionale, diventa operativa la comunicazione preventiva

Con la nota 29/2022 dell’Ispettorato del Lavoro vengono rese note le modalità di comunicazione preventiva dei rapporti di lavoro occasionale prevista dal Decreto Fiscale.

La comunicazione riguarda esclusivamente il c.d. lavoro autonomo occasionale, cioè quell’attività compiuta da un soggetto, verso un corrispettivo, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente.

Per questo tipo di rapporti il Decreto Fiscale aveva previsto che diviene obbligatoria la comunicazione preventiva all’Ispettorato dell’avvio della prestazione di lavoro autonomo occasionale, pena una sanzione amministrativa da euro 500 ad Euro 2.500 per ogni singolo lavoratore.

Con la nota, l’Ispettorato chiarisce che la comunicazione va effettuata tramite e-mail, fornendo l’elenco delle e-mail all’uopo destinate da ciascun Ispettorato.

Viene altresì specificato che la comunicazione andrà effettuata:

  • entro il 18 gennaio 2022, per i rapporti nati dopo il 21 dicembre 2021 ed esauriti o ancora in essere all’11 gennaio 2022;
  • prima dell’avvio del rapporto, per i rapporti nati dal 12 gennaio 2022 in poi.

È quindi essenziale ricordare di comunicare al proprio consulente la volontà di avviare i suddetti rapporti, in modo da poter effettuare la comunicazione preventiva che ne legittima l’avvio ed evita la sanzione.

Pagamenti

Definite le sanzioni per il mancato utilizzo del POS

L’obbligo di POS per alcune categorie di imprese e professionisti venne introdotto nel 2012 con il D.L. 179/2012. In particolare detto obbligo è rivolto a:

  • negozi e attività commerciali
  • artigiani
  • bar, pizzerie, ristoranti e altre attività di ristorazione
  • liberi professionisti che esercitano in proprio e hanno un rapporto diretto con il cliente
  • hotel, b&b, agriturismi e altre strutture ricettive

Fino ad oggi, però, detto obbligo non era assistito da una corrispondente sanzione, comportando quindi un’applicazione dello stesso lasciata all’adempimento spontaneo dei destinatari dell’obbligo.

Con un emendamento approvato in sede di conversione del D.L. 152/2021, che riguarda “Disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per la prevenzione delle infiltrazioni mafiose”, è stato approvato un emendamento che introduce delle specifiche sanzioni per la violazione dell’obbligo.

Con detto emendamento è previsto che, in caso di rifiuto di pagamento con bancomat o carta di credito, l’esercente o il professionista saranno colpiti da una sanzione di 30 euro aumentata del 4% del valore della transazione per la quale è stato rifiutato il pagamento. Il cliente potrà quindi denunciare la mancata accettazione agli organi preposti (Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza) che potranno verificare la volontà dell’esercente di violare la legge comminando la relativa sanzione.

Si ricorda che il legislatore, per scoraggiare l’uso dei contanti e favorire pagamenti tracciabili, ha anche previsto un sistema di incentivi allo scopo di aiutare liberi professionisti, attività, esercenti e negozianti a sostenere le spese di attivazione del terminale di pagamento Pos.

Per tutti i soggetti che hanno conseguito, nel periodo d’imposta precedente, ricavi o compensi fino a 400.000 euro viene già riconosciuto un credito d’imposta parti al 30% delle commissioni addebitate per le transazioni effettuate mediante carte di credito, di debito o prepagate nonché per le transazioni mediante altri strumenti di pagamento elettronici tracciabili.

Il suddetto credito è stato portato al 100% per gli esercenti che sono dotati di un registratore di cassa elettronico collegato col terminale Pos (con un fatturato annuo uguale o inferiore a 400.000€, ovvero piccole e medie attività che dispongono di un registratore di cassa elettronico per la trasmissione dei corrispettivi).

Inoltre, il D.L. 99/2021 ha introdotto un duplice credito di imposta:

  • il primo credito riconosciuto agli esercenti che tra il 1° luglio 2021 e il 30 giugno 2022 acquistano, noleggiano o utilizzano strumenti collegati a registratori di cassa elettronici (nel limite massimo di spesa per soggetto di 160 euro);
  • il secondo, invece, è riconosciuto sempre agli stessi soggetti che, nel corso del 2022, acquistano, noleggiano o utilizzano strumenti evoluti di pagamento elettronico che consentono anche la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica dei corrispettivi giornalieri, (nel limite massimo di spesa per soggetto di 320 euro).

Dal 1° gennaio si abbassa la soglia per l’utilizzo del denaro contante

Così come previsto già dal D.Lgs 231/2007, dall’1 gennaio 2022 si abbassa ulteriormente la soglia per l’utilizzo del denaro contante che passa da € 2.000 ad € 1.000. Saranno quindi leciti i pagamenti in denaro contante sino a € 999,99.

Il suddetto limite, è bene ricordarlo, si applica ai pagamenti in un’unica soluzione o, per i pagamenti rateali, alle singole rate. Il superamento del limite viene sanzionato anche quando effettuato con più pagamenti, inferiori alla soglia, che appaiono artificiosamente frazionati.

In pratica, giusto per fare un esempio, a fronte di una fattura di un fornitore di Euro 2.500,00, il pagamento potrà avvenire in contanti fino ad Euro 999,99 mentre la restante parte dovrà essere corrisposta con strumenti di pagamento tracciabili (es. bonifico o assegno non trasferibile).

Altresì legittimo risulta che un determinato pagamento (anche con fattura) avvenga attraverso più rate al di sotto della soglia, purché la pluralità di pagamenti a scadenze prefissate sia connaturato all’operazione o frutto di una ordinaria dilazione di pagamento che scaturisce dal preventivo accordo delle parti.

Si rammenta che la soglia è valida anche nei rapporti tra soci e società. Quindi eventuali prelevamenti o versamenti di contanti da o verso la società, da parte dei suoi soci, se riferiti alla medesima operazione (es. un finanziamento), sono soggette alla limitazione di Euro 999,99 a partire dal 2022.

In conseguenza della riduzione, gli assegni bancari e postali devono recare l’indicazione del nome o della ragione sociale del beneficiario e quelli emessi per importi pari o superiori a € 1.000 anche la clausola di non trasferibilità. Gli assegni bancari e postali emessi all’ordine del traente (cioè emessi a sè stesso) possono essere girati soltanto per effettuarne l’incasso.

Pesanti le sanzioni. Per il cittadino che contravviene all’obbligo la sanzione va da un minimo di Euro 1.000,00 e un massimo di Euro 50.000,00. Per il professionista che omette di segnalare l’operazione che viola la soglia, la sanzione va da Euro 3.000,00 ad Euro 15.000,00.

Studio Mamì - Studio

CON IL DECRETO FISCALE SI ISTITUISCE IL REGISTRO UNICO DEGLI OPERATORI DEL GIOCO PUBBLICO

A partire dal 2020, previa pubblicazione di un apposito decreto del MEF, verrà istituito il Registro unico degli operatori del gioco pubblico.

A prevederlo è l’art. 27 del Decreto fiscale, disponendo che l’iscrizione al registro costituisce titolo abilitativo per i soggetti che svolgono attività in materia di gioco pubblico ed è obbligatoria anche per i soggetti che già esercitavano tale attività.

In particolare l’iscrizione è obbligatoria per le seguenti tipologie di operatori:

  • produttori, proprietari e possessori (o detentori a qualsiasi titolo) di apparecchi da divertimento e intrattenimento idonei per il gioco lecito (AWP o new slot e videolottery, VLT);
  • concessionari per la gestione della rete telematica degli apparecchi e terminali da intrattenimento che siano altresì proprietari degli apparecchi e terminali AWP e VLT;
  • produttori e proprietari degli apparecchi di cui all’articolo 110, comma 7, lettere a), c), c-bis) e c-ter), TULPS (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza – D. 773/1931), nonché possessori o detentori a qualsiasi titolo dei predetti apparecchi con esclusivo riferimento a quelli che possono distribuire tagliandi direttamente e immediatamente dopo la conclusione della partita;
  • concessionari del gioco del Bingo;
  • concessionari di scommesse su eventi ippici, sportivi e non sportivi e su eventi simulati;
  • titolari di punti vendita dove si accettano scommesse su eventi ippici, sportivi e non sportivi, su eventi simulati e concorsi pronostici sportivi, nonché titolari dei punti per la raccolta scommesse regolarizzati da specifici atti normativi e titolari dei punti di raccolta ad essi collegati;
  • concessionari dei giochi numerici a quota fissa e a totalizzatore;
  • titolari dei punti di vendita delle lotterie istantanee e dei giochi numerici a quota fissa e a totalizzatore;
  • concessionari del gioco a distanza;
  • titolari dei punti di ricarica dei conti di gioco a distanza;
  • produttori delle piattaforme dei giochi a distanza e di piattaforme per eventi simulati;
  • società di corse che gestiscono gli ippodromi;
  • allibratori;
  • ogni altro soggetto non ricompreso fra quelli sopra elencati che svolge qualsiasi altra attività funzionale o collegata alla raccolta del gioco.

L’iscrizione andrà rinnovata ogni anno e comporterà il versamento di una somma annuale che varia da un minimo di 200 a un massimo di 10.000 euro. L’esercizio di un’attività funzionale alla raccolta di gioco in assenza di iscrizione al Registro comporterà una sanzione di 10.000 euro è l’inibizione dall’iscrizione al Registro per i successivi cinque anni.

Semplifica la tua ricerca di informazioni utili

Iscriviti alla nostra Newsletter gratuita

Parla con noi

Se hai bisogno di una squadra di consulenti che ha a cuore le tue esigenze, vieni a trovarci allo studio.
Oppure chiama, manda una mail, un fax, un messaggio su whatsapp o sui social…
Ti servono solo un paio di minuti, contattaci adesso.

  • Via J.F.Kennedy, 63- 98051 Barcellona P.G. (ME)
  • +39 090 9796698

  • + 39 090 5720002
Studio Mamì - Logo Footer

Studio Mamì | Via J.F.Kennedy, 63 - 98051 Barcellona P.G. (ME) | Tel +39 090 9796698 - Fax +39 090 5720002 - info@studiomami.it | P. IVA: 02121020834

Privacy Policy
Cookie Policy
Credits
Firma Elettronica Avanzata

Benvenuto sul sito dello Studio Mamì

KbxBotIcon