Decreto Sanzioni: le principali novità

È stato approvato in via definitiva il Decreto Legislativo di attuazione della parte della riforma fiscale che attiene alle sanzioni. Vediamo le principali novità.

Principio di proporzionalità delle sanzioni

Viene introdotto un nuovo principio di proporzionalità in funzione del quale:

  • se una sanzione è manifestamente sproporzionata rispetto alla violazione commessa, la stessa può essere ridotta fino ad 1/4 della misura prevista;
  • in casi di particolare gravità della violazione commessa, la sanzione potrà essere aumentata fino alla metà;
  • in caso di recidiva, la sanzione dovrà essere aumentata fino al doppio nei confronti di chi, nei 3 anni successivi al passaggio in giudicato della sentenza che accerta la violazione o all’inoppugnabilità dell'atto, dovesse incorrere in un’altra violazione della stessa indole.

Nuove misure delle sanzioni

Il Decreto sostituisce le sanzioni proporzionali – che prevedevano un minimo e un massimo – con sanzioni fisse di solito pari all’importo minimo attualmente in vigore o riducendo l’importo della sanzione applicabile.

A titolo esemplificativo:

  • la sanzione per omessa dichiarazione ai fini delle imposte sui redditi, Irap e Iva (oggi punita con la sanzione amministrativa dal 120% al 240%) viene sostituita dalla sanzione amministrativa del 120%;
  • la sanzione per omessi versamenti passa dal 30% al 25%;
  • la sanzione per l’infedeltà della dichiarazione (imposte sui redditi, Irap e Iva) passerà dalla misura variabile (dal 90% al 180%) a quella fissa del 70%, con un minimo di 150 euro;
  • ugualmente, in caso di omessa fatturazione, omessa certificazione di corrispettivi, indebita detrazione Iva e mancata regolarizzazione di acquisti senza fattura o con fattura irregolare la sanzione è ridotta al 70%.

Nuova causa di non punibilità

Non potrà essere sanzionato il contribuente che, dopo avere appreso di avere commesso una violazione alla luce delle indicazioni rese dall'Amministrazione Finanziaria (con circolari, interpelli o consulenze), dovesse decidere di adeguarsi regolarizzando la propria posizione. A tal fine:

  • sarà necessario presentare una dichiarazione integrativa entro 60 giorni dalla pubblicazione dei documenti di prassi per eliminare la violazione commessa e versare l'imposta;
  • la violazione dovrà essere dovuta dalle obiettive condizioni d'incertezza sulla portata e l’ambito di applicazione della norma tributaria.

Novità sul ravvedimento operoso

Possibilità di applicare il c.d. “cumulo giuridico” che consente, a fronte di più violazioni, di scontare un’unica sanzione (debitamente aumentata).

In particolare, in caso di più violazioni da regolarizzare, la nuova norma prevede che, ove conveniente, la sanzione può essere calcolata utilizzando quella prevista per la violazione più grave aumentata di 1/4 con un ulteriore incremento in caso di violazioni rilevanti ai fini di più tributi.

Disposizioni comuni alle sanzioni amministrative e penali

Le violazioni di omesso versamento di ritenute e di Iva si concretizzano il 31.12 dell’anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione. Viene inoltre previsto che, per i delitti di omesso versamento viene prevista espressamente la non punibilità del reato se il fatto dipende da cause sopravvenute non imputabili all’autore, rispettivamente, all’effettuazione delle ritenute o all’incasso dell’Iva. A tali fini, il giudice tiene conto della crisi non transitoria di liquidità dell’autore dovuta alla inesigibilità dei crediti per accertata insolvenza o sovraindebitamento di terzi o al mancato pagamento di crediti certi ed esigibili da parte di Amministrazioni Pubbliche e della non esperibilità di azioni idonee al superamento della crisi.

Crediti d’imposta non spettanti o inesistenti

Viene data una nuova definizione di credito di imposta inesistente rispetto a quello non spettante:

  • saranno considerati “inesistenti” i crediti mancanti, in tutto o in parte, dei requisiti oggettivi o soggettivi richiesti dalla normativa di riferimento o quelli per i quali tali requisiti sono oggetto di rappresentazioni fraudolente attuate con documenti materialmente o ideologicamente falsi, simulazioni o artifici;
  • saranno considerati “non spettanti” i crediti che, pur in presenza dei requisiti richiesti dalla normativa di riferimento, sono fondati su fatti non rientranti nella disciplina attributiva del credito per difetto di ulteriori elementi o particolari qualità richiesti ai fini del riconoscimento del credito.

Terzo settore: scattano gli obblighi di pubblicità per i contributi

Dopo una serie di rinvii, diventa operativa la previsione della legge n. 124/2017 per associazioni, fondazioni, Onlus ed Enti del Terzo Settore che obbliga alla pubblicazione dei contributi ricevuti.

La pubblicazione riguarda i contributi, di importo complessivo pari o superiore a 10.000 euro, erogati:

  • da pubbliche amministrazioni (art. 1, comma 2, del D.Lgs. 165/2001);
  • dai soggetti di cui all’art. 2-bis del D.Lgs. 33/2013, tra i quali rientrano le società in controllo pubblico e le associazioni, fondazioni ed enti di diritto privato con bilancio superiore a 500mila euro e la cui attività sia stata finanziata in modo maggioritario per almeno due esercizi finanziari consecutivi nell’ultimo triennio da pubbliche amministrazioni e in cui la totalità dei componenti dell’organo d’amministrazione o di indirizzo sia designata da pubbliche amministrazioni.

Sono esclusi dalla pubblicazione le somme derivanti dal 5 per mille (oggetto di una separata rendicontazione) e quelle derivanti da rapporti sinallagmatici, cioè le somme ricevute a seguito di prestazioni/cessioni effettuate.

La pubblicazione dovrà avvenire sul proprio sito internet oppure su analogo portale digitale. In assenza di un sito proprio, sarà quindi possibile utilizzare ad esempio la pagina Facebook dell’Ente o il sito della rete associativa di cui l’associazione fa parte.

Nel sito andranno pubblicati:

  • la denominazione e il codice fiscale del soggetto ricevente
  • la denominazione del soggetto erogante
  • la somma incassata
  • la data di incasso
  • la causale del contributo

Il mancato rispetto dell’obbligo di pubblicazione pone a carico dei soggetti inadempienti una sanzione pecuniaria pari all’1% degli importi ricevuti, con un minimo di 2.000 euro, con l’obbligo accessorio di adempire, entro 90 giorni, alla pubblicazione. Decorsi i 90 giorni la sanzione si tramute nell’obbligo di restituzione integrale del beneficio ricevuto.

Entro l’1 luglio 2024 andranno pubblicati i contributi per l’anno 2023.

Lavoro nero: sanzioni in aumento

Il decreto PNRR porta con sé una serie di novità anche in tema di lavoro. Fra queste, una delle più significative è quella relativa all’aumento delle sanzioni per il lavoro nero.

Le nuove sanzioni, che si applicano in caso di impiego di lavoratori subordinati senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro privato, con la sola esclusione del datore di lavoro domestico, sono così parametrate:

  • lavoro nero sino a 30 giorni: la sanzione va da 1.950 a 11.700 euro per ciascun lavoratore irregolare. In precedenza si andava da 1.800 a 10.800 euro;
  • lavoro nero da 31 a 60 giorni: la sanzione va da 3.900 a 23.400 euro per ciascun lavoratore irregolare. In precedenza si andava a 3.600 a 24.600 euro;
  • lavoro nero oltre 60 giorni: la sanzione va da 7.800 euro a 46.800 euro per ciascun lavoratore irregolare. In precedenza di andava da 7.200 a 43.200 euro.

In tutti questi casi verrà inviata una preventiva diffida a regolarizzare che, se il lavoratore irregolare viene mantenuto in servizio per non meno di 3 mesi, consente il pagamento della sanzione minima rispettivamente di 1.950, 3.900 e 7.800 euro.

In caso di recidiva, cioè di lavoro nero contestato nei tre anni precedenti, le superiori sanzioni vengono raddoppiate. La recidiva non opera in caso di estinzione degli illeciti amministrativi contestati (anche tramite il pagamento in misura ridotta

In caso di impiego di lavoratori extracomunitari sprovvisti di regolare permesso di soggiorno o di minori in età non lavorativa, le sanzioni sono aumentate del 20%.

Alla maxi-sanzione si aggiunge poi la sanzione accessoria della sospensione dell’attività per lavoro nero, quando il personale in nero è in misura maggiore al 10% del personale presente a lavoro. In questo caso è possibile evitare la sospensione:

  • regolarizzando i lavoratori, anche sotto il profilo degli adempimenti in materia di salute e sicurezza;
  • pagando una sanzione addizionale pari:
    • a 2.500 euro fino a 5 lavoratori irregolari
    • a 5.000 euro quando siano impiegati più di 5 lavoratori irregolari.

Certificazione dei corrispettivi: in arrivo un mini-condono.

Con l’approvazione del Decreto Energia, il Governo ha introdotto una sanatoria delle irregolarità commesse dagli esercenti nel certificare i corrispettivi nel periodo dall’1.1.2022 al 30.6.2023.

Le irregolarità sanabili sono le seguenti:

  • mancata o non tempestiva memorizzazione e/o trasmissione dei corrispettivi;
  • memorizzazione e/o trasmissione incompleta o non veritiera dei dati dei corrispettivi;
  • mancata trasmissione di ricevute fiscali, scontrini fiscali o documenti di trasporto;
  • emissione di ricevute fiscali o scontrini fiscali per un importo inferiore a quello effettivo.

Il condono ricomprende anche le violazioni già oggetto di constatazione al 31.10.2023, purché non sia stato ricevuto l’atto di contestazione al momento del ravvedimento, consentendo di applicare il ravvedimento operoso che sarebbe altrimenti inibito.

Sarà quindi possibile:

  • ridurre la sanzione a 1/7 per le violazioni commesse nel 2022
  • ridurre la sanzione a 1/8 per le violazioni commesse nel 2023

Per ottenere il beneficio, il ravvedimento operoso dovrà essere completato entro il 15 dicembre 2023.

E’ evidente che, nel caso in cui le violazioni hanno comportato una mancata contabilizzazione di ricavi (ad esempio una mancata emissione di scontrini per l’anno 2022), si dovrà provvedere al ravvedimento delle imposte sui redditi per evitare la sanzione da infedele dichiarazione.

Il ravvedimento, inoltre, dovrà riguardare anche le LIPE già presentate.

Infine va considerato che in sede di ravvedimento non è possibile beneficiare del cumulo giuridico, cioè di quel meccanismo che prevede l’irrogazione di una unica pena nel caso di più violazioni, applicando la sanzione per la violazione più grave aumentata fino al triplo. Va quindi attentamente valutato, calcoli alla mano, se nel caso specifico vi sarà un beneficio maggiore in caso di ravvedimento o attendendo la contestazione da parte dell’Amministrazione finanziaria.

Regolamento aziendale: funzioni e utilità di uno strumento poco applicato.

In moltissime aziende è assolutamente sconosciuto lo strumento del regolamento aziendale, cioè di quello strumento di policy che elenca l’insieme di norme adottate unilateralmente dall’azienda per disciplinare la condotta dei propri dipendenti in merito a diverse materie (es. gestione delle presenze in azienda, utilizzo della tecnologia, rapporto con la clientela, ecc.).

Lo strumento è utile per due principali motivi: da un lato consente di informare il dipendente in modo da inserirlo al meglio nel contesto lavorativo, aumentando la cooperazione con il management e gli altri dipendenti e trasferendo la missione e la visione aziendali; al contempo si dispone di uno strumento chiaro cui si può fare riferimento, in caso di violazione, nell’erogazione di provvedimenti disciplinari.

Il regolamento aziendale deve essere ritagliato sulla singola azienda catturandone le peculiarità e i bisogni, non potendosi affidare ad un modello standard spersonalizzato. Il regolamento potrà normare aspetti diversi che non sono sempre utili o presenti in azienda. A titolo esemplificativo il regolamento aziendale potrebbe normare i seguenti aspetti:

  • presenze e ritardi: potrà essere chiarito cosa si intende per ritardo, cosa succede in caso di assenza da lavoro e i tempi entro cui effettuare le necessarie comunicazioni all’azienda;
  • ferie e congedi: potrà essere definita una procedura per la richiesta delle ferie e dei permessi e regolamentare il rapporto di lavoro durante i periodi di congedo di maternità e paternità;
  • uso dei dispositivi, internet e posta elettronica: il regolamento potrà disciplinare le modalità di uso dei dispositivi elettronici assegnati (es. tablet, cellulare, computer) e di internet, delineando altresì cosa è possibile fare con la posta elettronica di lavoro e l’uso dei social media sul posto di lavoro;
  • privacy e trattamento dati personali: in conformità al GDPR potranno essere fornite direttive affinché il lavoratore sappia quali dati personali può trattare e le modalità del trattamento;
  • smart working: se la struttura adotta politiche di smart working, potranno essere fissate norme comportamentali per la gestione dei rapporti durante i periodi di lavoro fuori dall’azienda.

Una volta definito il regolamento e portato a conoscenza del dipendente, la violazione dello stesso può comportare l’avvio di procedimenti disciplinari con l’applicazione delle sanzioni via via progressive sino al licenziamento. A fini disciplinari, quindi, il regolamento aziendale consente di evitare fraintendimenti su ciò che l’azienda si aspetta dal dipendente, rendendo al contempo più efficaci le eventuali contestazioni.

Lo Studio Mamì è disponibile a fornire consulenza in merito ai regolamenti aziendali, sia attraverso una consulenza preventiva volta a intercettare le necessità aziendali, sia attraverso la redazione e l’aggiornamento dei regolamenti sulla base dei mutati bisogni o del contesto normativo.

Registratori telematici inattivi per ferie o chiusura stagionale: nuovi obblighi per gli esercenti

Con provvedimento del 18 gennaio 2023 l’Agenzia delle Entrate ha approvato le nuove specifiche tecniche per la trasmissione telematica dei corrispettivi giornalieri.

Tra le novità che possono impattare sull’operatività degli esercenti, è stata introdotta quella riguardante l’interruzione dell’attività superiore a 12 giorni.

A partire dall’1 luglio 2023, quando l’esercente deve interrompere l’attività per una qualsiasi motivazione (ferie, chiusura stagionale, ecc.) e tale sospensione avverrà per un periodo superiore a 12 giorni o quando non si conosce a priori la durata dell’inattività, è necessario porre il registratore telematico nello stato “Fuori servizio” per comunicare al sistema l’inizio del periodo di inattività. Sarà poi il registratore telematico a riattivarsi automaticamente alla prima trasmissione utile.

L’Agenzia delle Entrate ha però precisato che tale adeguamenti (e la relativa comunicazione) sono obbligatori solo per i registratori telematici omologati dalla data dell’1 luglio 2023 o per i quali è stata richiesta una variante a partire da tale data.

Se, invece, il registratore telematico è entrato in funzione prima dell’1 luglio 2023 (e quindi di regola è stato acquistato prima di tale data) la mancata trasmissione dell’informazione preventiva:

  • non comporta in nessun caso l’applicazione di un’autonoma sanzione;
  • la segnalazione di “anomalia” sarà gestita come in passato dall’Agenzia delle Entrate e la suddetta comunicazione è quindi una facoltà e non un obbligo.

Si consiglia comunque di contattare il fornitore del proprio registratore telematico per avere informazioni su come attivare il periodo “Fuori servizio” direttamente dal registratore stesso, in modo da poter procedere in autonomia qualora si volesse effettuare la comunicazione facoltativamente o per obbligo.

Corrispettivi telematici: perché è importante il controllo da parte del cliente

Con l’entrata in vigore dell’obbligo di trasmissione telematica dei corrispettivi, tale attività avviene in forma automatica attraverso gli stessi registratori telematici la cui manutenzione deve essere affidata ad un’azienda specializzata che si occupi dell’assistenza tecnica, della manutenzione periodica e dell’aggiornamento costante dei tracciati informatici

Oltre a dover stipulare un apposito contratto con una ditta specializzata, è però di grande importanza rammentare che spetta al contribuente la verifica dell’avvenuta trasmissione dei dati all’Agenzia delle Entrate, chiamando il tecnico in caso di anomalie.

Il controllo è importante per evitare pesanti sanzioni in quanto anche in presenza di violazioni formali (che consistono nella omessa, tardiva o infedele trasmissione telematica dei corrispettivi), anche qualora non incidano sulla corretta liquidazione Iva, la sanzione applicabile è di Euro 100 per ogni singola trasmissione omessa, tardiva o infedele.

È evidente che questo tipo di controllo non può essere demandato al commercialista in quanto quest’ultimo non ha diretto accesso al registratore di cassa e quindi, anche qualora si avvedesse di un errore al momento della registrazione contabile dei corrispettivi, lo farebbe quando ormai la violazione si è consumata e quindi la sanzione è irrogabile. Se, ad esempio, il registratore di cassa non trasmettesse i corrispettivi relativi a 15 giorni di luglio e il commercialista se ne avvedesse già nel mese successivo, il contribuente potrebbe comunque subire una sanzione di 1.500 euro.

E’ quindi importante che ogni contribuente obbligato alla trasmissione telematica dei corrispettivi impari ad accedere al portale dell’Agenzia delle Entrate “FATTURE E CORRISPETTIVI” accessibile all’indirizzo https://ivaservizi.agenziaentrate.gov.it/portale/ per verificare che il proprio registratore telematico spedisca correttamente i dati dei corrispettivi giornalieri, dei giorni di chiusura, degli importi assoggettati ad Iva (o non assoggettati ad iva per i clienti in regime forfettario).

In particolar modo andrà verificato:

  • che l’imponibile e l’Iva dei corrispettivi giornalieri corrispondano con quelli effettivi (in questo senso si consiglia di mantenere compilato il registro dei corrispettivi anche se non più obbligatorio)
  • che il registratore telematico abbia comunicato giornalmente i corrispettivi
  • che il registratore telematico abbia comunicato correttamente i giorni di chiusura e di inattività
  • controllare il dettaglio di ogni singola spedizione per verificare la corretta applicazione delle aliquote Iva.

Regime forfettario: niente sanzioni al sostituto senza colpa

Con un recente interpello (245/2023) l’Agenzia delle Entrate ha chiarito le responsabilità per i soggetti che hanno rapporti con contribuenti in regime forfettario, nel caso in cui questi ultimi scoprano tardivamente di non poter accedere al regime.

In particolar modo, nel quesito posto all’Agenzia, un contribuente aveva ricevuto prestazioni da un altro contribuente, quest’ultimo in regime forfettario, il quale si accorgeva tardivamente di non poter accedere a detto regime. A seguito di ciò lo stesso emetteva documenti rettificativi delle operazioni poste in essere, emettendo poi nuove fatture con l’esposizione di Iva e ritenuta d’acconto.

Il contribuente istante chiedeva quindi come comportarsi in merito alle ritenute d’acconto non versate nei termini.

L’Agenzia in merito evidenziava che:

  • per le ritenute relative ad anni passati, il cui reddito era ormai confluito nella dichiarazione dei redditi, nessun versamento doveva essere effettuato;
  • per le ritenute relative ad anni per i quali non era ancora scaduto il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi, invece, il contribuente istante avrebbe dovuto versare le ritenute per conto del contribuente che aveva applicato erroneamente il forfettario.

In quest’ultima casistica però (e qui sta la parte d’interesse dell’interpello) il sostituto non dovrà corrispondere sanzioni in applicazione dell’art. 6 D.Lgs. 472/1997 che esclude la responsabilità quando l’errore non è determinato da colpa.

Se quindi il contribuente istante può dimostrare di non aver in alcun modo potuto verificare l’esistenza dei requisiti per l’accesso al forfettario dell’altro contribuente, è esonerato da sanzioni per il ritardato versamento delle relative ritenute.

Divieto di pratiche commerciali sleali nella filiera agricola e agroalimentare

Con il D.Lgs. 198/2021 è stata data attuazione ad una direttiva UE in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese della filiera agricola e alimentare.

La nuova disciplina è applicabile a tutte le cessioni di prodotti agricoli e alimentari eseguite da fornitori stabiliti sul territorio nazionale, indipendentemente dal fatturato, e con esclusione delle cessioni concluse direttamente tra fornitori e consumatori, introducendo norme che prevalgono su qualsiasi altra norma contrastante.

Vediamo alcune delle principali previsioni della normativa.

Obbligo di forma scritta

Tra le previsioni inderogabili vi è quella per la quale i contratti di cessione di prodotti agricoli e alimentari devono essere obbligatoriamente conclusi mediante atto scritto stipulato prima della consegna ed indicante la durata, la quantità e le caratteristiche del prodotto oggetto di cessione, il prezzo, le modalità di consegna e di pagamento.

La forma scritta può essere soddisfatta attraverso documenti di trasporto o di consegna, fatture, ordini di acquisto, a condizione che gli elementi sopra indicati siano stati precedentemente concordati con un accordo quadro.

Durata minima

La durata minima dei contratti è fissata in dodici mesi, ad eccezione dei casi in cui una durata minore sia giustificata, anche dalla stagionalità dei prodotti, e sia concordata dalle parti contraenti o risulti da un contratto stipulato con l’assistenza delle rispettive organizzazioni professionali maggiormente rappresentative a livello nazionale e presenti in almeno cinque camere di commercio, anche attraverso articolazioni territoriali e di categoria.

Al di fuori delle deroghe ammesse, la durata inferiore a quella minima si considera comunque pari a dodici mesi.

Tale disposizione non si applica nel caso in cui l’acquirente svolge attività di somministrazione di alimenti e bevande in pubblico esercizio.

Termini di pagamento

E’ considerato pratica commerciale sleale il il mancato rispetto dei termini di pagamento (rispettivamente 30 giorni per i beni deperibili e 60 per quelli non deperibili, successivi alla consegna o al termine stabilito per la consegna, a seconda di quale delle due date sia successiva); in questi casi il creditore ha diritto inderogabilmente agli interessi legali di mora maggiorati di quattro punti a partire dal giorno successivo alla scadenza del termine.

Altre pratiche vietate

Tra le altre pratiche commerciali vietate dalla normativa troviamo:

  • l’annullamento di ordini per prodotti deperibili con un preavviso inferiore a 30 giorni;
  • la modifica unilaterale delle condizioni di acquisto quanto a luogo, tempi e modalità della fornitura, quantitativi, termini di pagamento e prestazioni accessorie;
  • l’addebito al fornitore della responsabilità per il deterioramento dei prodotti quando tale deterioramento non sia stato causato da colpa o negligenza del fornitore stesso;
  • l’acquisizione, l’utilizzo o la divulgazione illecita, da parte dell’acquirente o di soggetti facenti parte della medesima centrale o gruppo d’acquisto dell’acquirente, di segreti commerciali del fornitore ai sensi del decreto legislativo n. 63/2018 che ha recepito la Direttiva (UE) 2016/943 sulla protezione del know-how riservato e delle informazioni commerciali riservate (segreti commerciali) contro l'acquisizione, l'utilizzo e la divulgazione illeciti;
  • le minacce di ritorsioni e le richieste di risarcimento da parte dell’acquirente per i costi sostenuti per l’esame dei reclami dei clienti;
  • le richieste al fornitore di restituzione di beni invenduti senza corresponsione di pagamento per gli stessi o per il loro smaltimento, di farsi carico dei costi di pubblicità, marketing, scontistica e del personale impiegato per organizzare gli spazi di vendita dei prodotti del fornitore, salvo che dette pratiche non siano state concordate nel contratto di cessione o in accordo quadro in termini chiari ed univoci;
  • acquisto di prodotti agricoli e alimentari attraverso il ricorso a gare e aste elettroniche a doppio ribasso;
  • imposizione di condizioni contrattuali particolarmente gravose, come quella di rivendere i prodotti al di sotto dei costi di produzione;
  • mancata osservanza dell’obbligo di stipula del contratto per iscritto prima della consegna, nonché l’omissione del prezzo e dei criteri per la sua determinazione, della quantità e qualità dei prodotti, della durata del contratto, delle scadenze e procedure di pagamento, delle modalità di raccolta e consegna dei prodotti agricoli e delle norme applicabili in caso di forza maggiore;
  • imposizione di prestazioni accessorie che non abbiano connessioni oggettive con la cessione del prodotto oggetto del contratto;
  • esclusione dell’applicazione di interessi di mora e delle spese di recupero crediti a danno del creditore;
  • inserimento di clausola contrattuale che imponga al fornitore l’emissione della fattura dopo un termine minimo rispetto alla consegna del prodotto;
  • imposizione da parte del fornitore all’acquirente di prodotti con date di scadenza breve rispetto alla vita residua del prodotto, del mantenimento di un certo assortimento dei prodotti del fornitore con inserimento di quelli nuovi e di collocamento degli stessi in posizioni favorite negli scaffali.

Sanzioni

Il mancato rispetto delle previsioni del decreto, comporta sanzioni molto severe, posto che per alcune violazioni la pena può arrivare fino al 5% del fatturato realizzato nell’ultimo esercizio precedente all’accertamento con dei minimi d’importo che vanno dai 1.000 ai 30.000 euro. Nel caso in cui si accerta che nonostante l’inibizione da parte dell’ICQRF (Istituto per il Controllo della Qualità e la Repressione delle Frodi) viene mantenuta una pratica commerciale vietata, è applicata la sanzione massima per il tipo di violazione con limite massimo del 10% del fatturato. Lo stesso limite è previsto per reiterata violazione con sanzione aumentata fino al doppio di quella prevista per la specifica disposizione e fino al triplo per ulteriori reiterazioni.

Decorrenza

Le nuove disposizioni si applicano ai contratti conclusi successivamente alla data del 15 dicembre 2021 di entrata in vigore del decreto, mentre i contratti stipulati anteriormente dovranno essere resi conformi entro il termine di sei mesi dalla suddetta data.

Dichiarazione investimenti esteri

Conti correnti e investimenti all’estero: obbligo di dichiarazione

Un adempimento che molti contribuenti omettono, con conseguenze sanzionatorie importanti, riguarda il cosiddetto “obbligo di monitoraggio fiscale”, cioè l’obbligo di dichiarare in un apposito quadro della dichiarazione dei redditi (il quadro RW) gli investimenti e le attività di natura finanziaria detenute all’estero a titolo di proprietà o di altro diritto reale, indipendentemente dalle modalità della loro acquisizione.

Il monitoraggio fiscale si applica anche quando il contribuente è esonerato dalla presentazione della dichiarazione dei redditi. In questi casi andrà presentato esclusivamente il quadro RW.

È quindi opportuno che ogni contribuente, al momento della compilazione della dichiarazione dei redditi, analizzi la propria posizione al fine di identificare l’esistenza di queste tipologie di investimenti al fine di una pronta dichiarazione degli stessi.

SOGGETTI OBBLIGATI

I soggetti obbligati alla dichiarazione sono:

  • le persone fisiche (anche imprenditori e lavoratori autonomi)
  • gli enti non commerciali
  • le società semplici ed equiparate

che nel corso del periodo d’imposta (quindi anche per solo un giorno) detengono investimenti all’estero ovvero attività estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia. L’obbligo si estende anche ai soggetti che, pur non essendo possessori diretti, sono titolari effettivi dell’investimento.

COSA SI DICHIARA

Il contribuente dovrà dichiarare gli investimenti all’estero e le attività estere di natura finanziaria.

Per investimenti si intendono, ad esempio:

  • gli immobili situati all’estero o i diritti reali immobiliari
  • gli oggetti preziosi
  • le opere d’arte
  • le imbarcazioni e le navi da diporto
  • i beni mobili iscritti in pubblici registri

Per attività finanziarie si intendono, ad esempio:

  • conti correnti bancari (possono essere omessi se complessivamente di importo inferiore a 15.000 euro)
  • valute estere
  • partecipazioni
  • obbligazioni
  • titoli pubblici
  • polizze di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione
  • contratti derivati
  • metalli preziosi

Non è quindi difficile, al giorno d’oggi, potersi ritrovare con un’attività da dichiarare (si pensi ad un conto corrente acceso online presso una banca che ha sede in uno stato diverso dall’Italia).

Sono invece escluse dalla dichiarazione le attività finanziarie e patrimoniali affidate in gestione o in amministrazione ad intermediari finanziari (es. banche) residenti in Italia.

CHE IMPOSTE SI PAGANO

Oltre all’obbligo di dichiarazione di investimenti e attività finanziarie, da qualche anno l’Italia ha introdotto due imposte patrimoniali, l’IVIE e l’IVAFE, che devono essere pagate rispettivamente sugli investimenti (IVIE) e sulle attività finanziarie (IVAFE).

SANZIONI

Le sanzioni per le violazioni degli obblighi di monitoraggio fiscale sono decisamente pesanti.

La violazione dell’obbligo comporta infatti una sanzione amministrativa pecuniaria dal 3 al 15 per cento dell’ammontare degli importi non dichiarati, che sale dal 6 al 30 per cento nel caso di investimenti e attività finanziarie detenute in Stati o territori a regime fiscale privilegiato.

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