Impresa familiare: profili civilistici e fiscali.

L’impresa familiare è un istituto che nasce con la riforma del diritto di famiglia per tutelare i familiari dell’imprenditore che prestavano ausilio allo stesso senza che vi fosse altro tipo di rapporto sottostante. Infatti, si ricorre all’impresa familiare come strumento residuale, quando tra i familiari e l’imprenditore non esiste un rapporto di lavoro diverso (es. rapporto di lavoro subordinato, rapporto societario, ecc.).

Possono partecipare all’impresa familiare le seguenti tipologie di soggetti:

  • il coniuge (o il soggetto unito civilmente)
  • i parenti entro il terzo grado
  • gli affini entro il secondo grado

Ai fini civilistici non sono richieste formalità particolari per la costituzione dell’impresa familiare, ma è sempre necessaria una manifestazione di volontà, espressa o tacita, dei familiari interessati. Ai fini fiscali è invece sempre necessaria la forma scritta (atto pubblico o scrittura privata autenticata) avente data anteriore all’inizio del periodo d’imposta di prima applicazione. Ciò significa:

  • che ai fini civilistici basta la manifestazione di volontà per costituire l’impresa familiare, con effetto immediato
  • che ai fini fiscali, in assenza della forma scritta, l’impresa familiare non ha alcun effetto.

Allo stesso modo, la cessazione dell’impresa familiare ai fini fiscali deve risultare da scrittura privata autenticata o atto pubblico al fine di provare con la data certa la cessazione della produzione del reddito da parte del collaboratore.

La costituzione dell’impresa familiare comporta, tra l’altro:

  • che le decisioni concernenti l’impiego degli utili e degli incrementi, nonché quelli inerenti la gestione straordinaria, agli indirizzi produttivi e alle cessazione dell’impresa sono adottate, a maggioranza, dai familiari che partecipano all’impresa stessa
  • il diritto di partecipazione dei familiari può essere liquidato in denaro alla cessazione della prestazione del lavoro e in caso di alienazione dell’azienda
  • in caso di divisione ereditaria o di trasferimento dell’azienda i familiari partecipanti hanno diritto di prelazione sull’azienda stessa.

Effetti fiscali

Ai fini fiscali la costituzione di un’impresa familiare consente la ripartizione dell’utile dell’impresa individuale tra il titolare (al quale deve andare almeno il 51%) e i familiari, a condizione che questi ultimi svolgano un’attività lavorativa continuativa e prevalente nell’impresa.

Ai familiari non vengono invece imputate eventuali perdite, le quali rimangono in capo al titolare.

Sono invece esenti da imposizione le somme erogate ai familiari in caso di cessazione della prestazione del lavoro o in caso di alienazione d’azienda. Al contempo le stesse non rappresentano costo deducibile per il titolare dell’impresa.

Cessione di immobili: quando si pagano imposte sulle plusvalenze?

Quando, da privati, si cede un bene immobile ci si chiede spesso quali siano le imposte dirette da pagare sulla plusvalenza, cioè sulla differenza tra il corrispettivo percepito e il prezzo di acquisto o il costo di costruzione dell’immobile, aumentato di ogni altro costo inerente il bene medesimo (es. imposte indirette pagate al momento dell’acquisto, spese notarili e accessorie sostenute all’atto dell’acquisto, spese incrementative sostenute dopo l’acquisto e prima della cessione).

Il nostro sistema fiscale prevede un regime impositivo diverso a seconda che il bene immobile sia stato acquistato o costruito da più di cinque anni.

Per i beni acquistati o costruiti da più di cinque anni vige un principio di assenza di imposizione, indipendentemente dall’importo della plusvalenza. L’importo “guadagnato”, quindi, in questi casi è totalmente estraneo a qualsiasi imposta.

Diverso il caso per i beni acquistati o costruiti da non più di cinque anni. Per questi ultimi le plusvalenze danno luogo a un reddito tassabile, salvo che:

  • gli immobili siano stati acquisiti per successione
  • gli immobili siano stati adibiti, per la maggior parte del periodo tra l’acquisto/costruzione e la vendita, ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari (coniuge, parenti entro il terzo grado, affini entro il secondo grado)

In tutti gli altri casi la differenza tra il corrispettivo e il costo di acquisto/costruzione andrà inserita tra i redditi tassabili.

Per i privati che non agiscono nell’esercizio di imprese, arti o professioni e per i quali emerge una plusvalenza tassabile in caso di vendita, esiste la possibilità di applicare, in luogo dell’Irpef ordinaria, una imposta sostitutiva pari al 26% della plusvalenza realizzata.

La richiesta di applicazione dell’imposta sostitutiva va resa al notaio al momento della stipula dell’atto di vendita, provvedendo contestualmente al versamento al notaio della provvista necessaria per il pagamento della relativa imposta. Chi si avvale di tale possibilità è escluso dai controlli effettuati dall’Amministrazione finanziaria in materia di compravendite immobiliari e dall’applicazione dell’accertamento induttivo.

L’applicazione dell’imposta sostitutiva, oltre che per le esclusioni da controlli e accertamenti induttivi, può comportare anche un sensibile risparmio d’imposta rispetto alla tassazione ordinaria, specialmente in caso di plusvalenze di rilevante valore. È evidente che, prima di procedere alla scelta, va fatto un calcolo di convenienza che tenga conto, tra l’altro, anche di eventuali deduzioni/detrazioni d’imposta di cui il contribuente può avvalersi.

Mensa e buoni pasto: focus sul trattamento fiscale

È facoltà del datore di lavoro la possibilità di fornire direttamente ai lavoratori un servizio di mensa. Ciò può essere fatto fondamentalmente:

  • tramite la somministrazione diretta del vitto da parte del datore di lavoro, come avviene nei ristoranti nei confronti del personale che lì vi opera
  • tramite la creazione di un servizio di mensa aziendale
  • tramite la stipula di apposite convenzioni con pubblici esercizi.

In tutti questi casi il servizio offerto, senza alcun limite di importo, è totalmente deducibile per il datore di lavoro e non risulta imponibile, né ai fini fiscali né ai fini previdenziali, per i lavoratori.

In alternativa alla fornitura diretta del servizio di mensa, il datore di lavoro può optare per indennità sostitutive di della mensa in denaro, che sono interamente deducibili per l’impresa e non imponibili per il lavoratore fino a 5,29 Euro giornalieri. Questa opzione è prevista esclusivamente per gli addetti:

  • ai cantieri edili
  • ad altre strutture lavorative a carattere temporaneo
  • a unità produttive ubicate in zone dove manchino strutture o servizi di ristorazione, compresa la panatica dei marittimi a terra

Infine, ed è questa la soluzione ampiamente utilizzata, è possibile fornire prestazioni sostitutive della mensa attraverso i c.d. “buoni pasto”, che possono essere forniti indipendentemente dal fatto che l’orario di lavoro del dipendente comprenda o meno l’orario di pranzo (quindi il buono pasto spetta anche al lavoratore part-time).

I buoni pasto, interamente deducibili per il datore di lavoro, scontano sul dipendente un trattamento differenziato:

  • sarà esente da imposizione (fiscale e contributiva) sino a 4 Euro al giorno se il buono ha formato cartaceo
  • sarà esente da imposizione (fiscale e contributiva) sino a 8 Euro al giorno se il buono ha formato elettronico

mentre la parte eccedente sarà pienamente imponibile.

È importante ricordare che le suddette agevolazioni sono valide se interessano la generalità dei dipendenti o intere categorie omogenee di essi.

Nel 2023 debutta la flat tax incrementale

La Legge di Bilancio 2023 prevede, attualmente solo per i redditi 2023, una forma di flat tax “incrementale”, applicabile ai contribuenti persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti e professioni. Vediamone le caratteristiche principali.

Soggetti beneficiari

La flat tax incrementale è applicabile esclusivamente alle persone fisiche ed ai soggetti esercenti attività d’impresa, arti o professioni. Rientrano nel regime agevolato anche gli imprenditori agricoli che producono reddito d’impresa.

Sono esclusi dalla flat tax incrementale i soggetti che adottano il regime forfetario, salvo che questi non decadano dal regime nel corso del 2023 a causa dello sforamento del limite di €100.00 di ricavi o compensi. Rientrano invece i redditi prodotti nell’ambito dell’impresa familiare e dell’azienda coniugale.

Beneficio applicabile

La norma prevede una flat tax incrementale ad aliquota fissa del 15% applicata alla differenza tra:

  • il reddito d’impresa o di lavoro autonomo determinato nel 2023
  • il reddito d’impresa o di lavoro autonomo più elevato dichiarato nel triennio 2020 – 2022

Tale differenza, che non potrà essere comunque superiore a € 40.000, andrà poi decurtata di un importo pari al 5% del reddito più elevato del triennio 2020-2022.

Su tale importo andrà applicata l’aliquota del 15%, mentre il resto del reddito verrà tassato secondo le aliquote a scaglioni ordinarie.

Vediamo meglio le modalità di calcolo con un esempio.

Se nel 2023 dichiaro un reddito di 100.000 euro e nel triennio precedente ho dichiarato un reddito di 60.000 nel 2020, di 70.000 euro nel 2021 e di 75.000 euro nel 2022, la differenza andrà calcolata tra 100.000 e 75.000 e sarà quindi pari a 25.000 euro. Questo importo andrà decurtato di 3.000 euro (il 4% di 75.000 euro) e diverrà quindi pari a 22.000 euro. Su questo importo si pagherà il 15% mentre sulla parte rimanente (100.000 euro meno 22.000 euro) si applicheranno le aliquote ordinarie.

Nel caso in cui i beneficiari abbiano iniziato l’attività successivamente al gennaio 2020, il raffronto dei redditi deve essere fatto:

  • ragguagliando all’intera annualità il reddito eventualmente derivante dallo svolgimento dell’attività per una frazione dell’anno;
  • confrontando tale dato con il reddito dei restanti altri anni del triennio considerato.

Evidentemente la flat tax incrementale non si applicherà ai soggetti che hanno avviato l’attività nel 2023.

Indici sintetici di affidabilità (ISA): Definiti i benefici premiali

Da qualche anno, in sostituzione degli studi di settore, il Fisco dispone di un nuovo strumento di verifica dell’affidabilità fiscale dei contribuenti chiamato ISA.

Attraverso gli ISA ad ogni contribuente viene attribuito un punteggio, basato su analisi economico-statistiche e sui dati e le informazioni dichiarate dal contribuente su più periodi d’imposta.

Diversamente dagli studi di settore, però, il punteggio ISA non serve soltanto per individuare le posizioni da sottoporre a controllo. Al raggiungimento di determinati punteggi ISA, infatti, corrispondono diverse premialità di cui i contribuenti possono beneficiare.

Con provvedimento del 27 aprile 2023, l’Agenzia delle Entrate ha stabilito i benefici premiali derivanti dalle analisi sul periodo d’imposta 2022. Vediamoli assieme:

  • Premialità inerenti la compensazione di crediti: per i soggetti che nel 2022 hanno un punteggio ISA di almeno 8 (o una media, tra 2021 e 2022, di almeno 8,5) viene disposto l’esonero dall’apposizione del visto di conformità per la compensazione di crediti Iva di importo non superiore a 50.000 euro, maturati nel 2023, e di crediti da imposte sui redditi ed Irap di importo non superiore a 20.000 euro, maturati nel 2022
  • Premialità connesse ai rimborsi Iva: per i soggetti che nel 2022 hanno un punteggio ISA di almeno 8 (o una media, tra 2021 e 2022, di almeno 8,5) viene disposto l’esonero dall’apposizione del visto di conformità o dalla prestazione della garanzia per i rimborsi Iva non superiori a 50.000 euro, relativi al credito maturato nel 2023, e per il medesimo importo per il credito Iva infrannuale maturato nei primi tre trimestri 2024
  • Premialità connesse alla disciplina sulle società di comodo: per i soggetti che nel 2022 hanno un punteggio ISA di almeno 9 (o una media, tra 2021 e 2022, di almeno 9) viene disposta la disapplicazione della disciplina sulle società di comodo
  • Premialità connesse agli accertamenti: per i soggetti che nel 2022 hanno un punteggio ISA di almeno 9 (o una media, tra 2021 e 2022, di almeno 9) viene disposta l’esclusione degli accertamenti basati su presunzioni semplici. Per chi ha un punteggio ISA di almeno 8, viene ridotto di un anno il termine per gli accertamenti
  • Premialità connesse alla determinazione sintetica del reddito: per i soggetti che nel 2022 hanno un punteggio ISA di almeno 9 (o una media, tra 2021 e 2022, di almeno 9) viene disposta l’inapplicabilità del redditometro, purché il reddito complessivo accertabile non ecceda di due terzi il reddito dichiarato.

Superbonus: per il 2022 possibilità di detrazione in 10 anni

Tra gli emendamenti presentati in Commissione Finanze in sede di conversione del Decreto Cessioni, uno di quelli sicuramente più attesi è rappresentato dall’aumento dei tempi di detrazione per il superbonus, quantomeno per le spese relative all’anno 2022.

Come ormai risaputo, le difficoltà di capienza delle banche e degli intermediari finanziari ha lasciato col cerino in mano molti soggetti che, avendo sostenuto spese rientranti nel perimetro agevolativo nell’anno 2022, si sono di colpo ritrovati senza la possibilità di cedere il credito e con l’unica opzione, quindi, della detrazione in sede di dichiarazione dei redditi.

La normativa superbonus di cui al D.L. 34/2020, però, prevede la possibilità di detrazione della spesa in sole 4 rate fatto che, associato ad importi spesso elevati, ha portato molti soggetti incapienti o parzialmente incapienti a trovarsi di fronte alla concreta possibilità di perdere in tutto o in parte l’agevolazione.

Con l’emendamento votato in Commissione Finanze, e che dovrebbe passare anche l’esame dell’Aula visto che sul provvedimento è stata posta la fiducia, consente adesso di poter optare per una detrazione del superbonus in un tempo più lungo, pari a 10 anni, quantomeno per le spese sostenute nel 2022.

Detta opzione, però, partirebbe dal 2024 con la conseguenza che, per l’anno 2023, nessun importo andrebbe portato in detrazione in dichiarazione, pena la perdita della possibilità offerta dall’emendamento.

La possibilità andrà attentamente valutata, verificando in particolar modo se la ripartizione in 10 anni, sulla base della propria situazione reddituale attuale e di prospettiva, consentirà un recupero pieno della detrazione spettante. In alternativa si dovrà sempre cercare la via della cessione a privati o a banche ed intermediari finanziari, adesso possibile sino al 30 novembre 2023 attraverso l’istituto della remissione in bonis.

Proroga per la rivalutazione di terreni e partecipazioni anche per il 2023

Puntuale come un orologio svizzero arriva anche quest’anno la proroga della misura di rivalutazione di terreni e partecipazioni che andrebbe ormai resa sistemica visto il continuo ripetersi per le proroghe. A cambiare, di fatto, è solo la percentuale dell’imposta sostitutiva da versare.

La disposizione, da alcuni anni, consente la rivalutazione:

  • di terreni a destinazione agricola o edificabili, compresi i terreni lottizzati o quelli su cui sono state costruite opere per renderli edificabili posseduti, non da imprese commerciali, a titolo di proprietà, nuda proprietà, usufrutto, enfiteusi;
  • di partecipazioni in società non quotate in mercati regolamentati o nei sistemi multilaterali di negoziazione (qualificate o meno), possedute a titolo di proprietà o usufrutto

con il pagamento di un’imposta sostitutiva.

I terreni e le partecipazioni rivalutabili sono quelli posseduti all’1 gennaio 2023.

La rivalutazione può essere operata:

  • dalle persone fisiche per operazioni estranee all’attività d’impresa
  • dalle società semplici ed enti ad essi equiparate
  • dagli enti non commerciali per i beni che non rientrano nell’esercizio di impresa commerciale
  • soggetti non residenti le cui plusvalenze sono imponibili in Italia

L’operazione di rivalutazione deve avvenire sulla base di una perizia di stima, giurata entro il 15 novembre 2023 da parte di alcune specifiche categorie di soggetti:

  • per le partecipazioni, gli iscritti all’albo dei dottori commercialisti ed esperti contabili, gli iscritti nel Registro dei revisori legali e i periti iscritti nelle Camere di commercio
  • per i terreni, gli iscritti agli albi degli ingegneri, architetti, geometri, dottori agronomi, periti agrari, periti industriali edili e i periti iscritti nelle Camere di commercio.

Il valore del terreno o della partecipazione, così come rideterminato con la perizia di stima, deve essere assoggettato ad imposta sostitutiva pari all’16% (in luogo del precedente 14%), con versamento che può essere effettuato in un’unica soluzione o frazionato in tre quote annuali di pari importo, con prima rata da pagarsi entro il 15 novembre 2023 e le altre due rate da versarsi entro il 15 novembre 2024 e il 15 novembre 2025, con maggiorazione di interessi pari al 3% annuo.

Si rammenta che l’effetto della rivalutazione è quello di beneficiare di un minor carico fiscale sulle plusvalenze in caso di successiva cessione (o altra operazione fiscalmente assimilabile).

Invitiamo quindi i clienti proprietari di partecipazioni o di terreni, interessati a questa opportunità, di contattarci al fine di valutare la convenienza di accedere a questa previsione agevolativa.

Cripto-attività: imposizione e obblighi dichiarativi

La Legge di Bilancio 2023 tenta di dare una prima disciplina coerente al trattamento fiscale delle cripto-attività, prevedendo novità sia in materia di imposizione e obblighi dichiarativi che in materia di regolarizzazione delle attività detenute.

Imposizione

Ai fini Irpef viene prevista la tassazione delle plusvalenze e degli altri redditi realizzati mediante cessione a titolo oneroso, permuta o detenzione di cripto-attività. La plusvalenza è costituita dalla differenza tra il corrispettivo percepito ovvero il valore normale delle cripto-attività permutate e il costo o il valore di acquisto. Quest’ultimo andrà documentato con elementi certi e precisi da parte del contribuente, altrimenti sarà considerato pari a zero.

Non hanno rilevanza, ai fini della tassazione, esclusivamente le plusvalenze/minusvalenze globali dell’anno che non superino la soglia minima di 2.000 euro, computate mediante somma algebrica dei risultati positivi e negativi delle operazioni in cripto-attività del periodo.

Desta qualche perplessità la previsione di esonero da imposizione per le operazioni di permuta tra cripto-attività aventi medesime caratteristiche e funzioni, in assenza di una chiara definizione di “medesime caratteristiche e funzioni”. Risulta anomala altresì la previsione di tassazione delle plusvalenze derivanti anche dalla semplice detenzione delle cripto-attività, in assenza dell’avvenuto realizzo delle stesse. Infine anche la determinazione del costo o valore d’acquisto delle cripto-attività vendute risulterà abbastanza complicato.

Viene quindi meno la precedente interpretazione che assimilava dette plusvalenze a quelle derivanti dalla compravendita di valute estere, con relativo limite di tassabilità rappresentato dalla giacenza media di 51.645,69 euro per più di sette giorni lavorativi consecutivi.

Per i soggetti IRES, non concorrono alla formazione del reddito i componenti positivi e negativi che risultano

dalla valutazione delle cripto-attività alla data di chiusura del periodo di imposta a prescindere

dall’imputazione al conto economico.

Rivalutazione

Viene data la possibilità di operare una rivalutazione delle cripto-attività detenute dall’1 gennaio 2023, mediante il pagamento di una imposta sostitutiva del 14%, da calcolarsi sul valore normale, e da versarsi entro il 30 giugno 2023 o in 3 rate annuali di pari importo con conteggio di interessi al 3% annuo.

La rivalutazione riguarderà esclusivamente gli eventuali plusvalori latenti ma non potrà mai far emergere minusvalenze riportabili.

Obblighi dichiarativi

Viene introdotto l’obbligo di compilazione del quadro RW, nato per il monitoraggio delle attività estere, anche per le cripto-attività. Per queste ultime, però, non viene dato alcun riferimento territoriale, obbligando quindi a dichiarare qualsiasi cripto-attività detenuta. Probabilmente ciò deriva dalla difficoltà di determinare la residenza fiscale dei soggetti che forniscono servizi di detenzione e utilizzo di cripto-attività.

Regolarizzazione degli obblighi dichiarativi

Viene introdotta la possibilità di sanare gli obblighi dichiarativi per le cripto-attività detenute al 31.12.2021, attraverso la presentazione di un’apposita dichiarazione – previo provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate – e con un costo variabile:

  • 0,5% per ciascun anno sul valore delle attività non dichiarate, in caso di violazione dei soli obblighi di monitoraggio
  • 3,5% per ciascun anno sul valore delle attività non dichiarate, oltre allo 0,5% a titolo di sanzione, in caso di redditi non tassati

Non si conoscono ancora i periodi coperti dalla sanatoria così come i termini entro cui effettuare la definizione, che verranno probabilmente demandati ad apposito provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate.

Indeducibilità dei costi derivanti da operazioni con imprese black list

Ritorno al passato con la legge di bilancio 2023 per i costi derivanti da operazioni con imprese black list. Viene infatti previsto che le spese e gli altri componenti negativi derivanti da operazioni che hanno avuto concreta esecuzione, intercorse con imprese residenti ovvero localizzate in Paesi o territori non cooperativi a fini fiscali sono ammessi in deduzione nei limiti del loro valore normale.

Si considerano Paesi o territori non cooperativi a fini fiscali le giurisdizioni individuate nell’allegato I alla lista UE delle giurisdizioni non cooperative a fini fiscali, adottata con conclusioni del Consiglio dell’Unione europea. I paesi in essa contenuti sono i seguenti:

  • Samoa Americane
  • Anguilla
  • Bahamas
  • Fiji
  • Guam
  • Palau
  • Panama
  • Samoa
  • Trinidad e Tobago
  • Turks e Caicos
  • Isole Vergini Americane
  • Vanuatu

La limitazione al “valore normale” non si applica quando le imprese residenti in Italia forniscono la prova che le operazioni poste in essere rispondono a un effettivo interesse economico e che le stesse hanno avuto concreta esecuzione.

Le spese e gli altri componenti negativi deducibili ai sensi del primo punto e ai sensi dell’art. 110, c. 9-bis Tuir sono separatamente indicati nella dichiarazione dei redditi.

L’Amministrazione, prima di procedere all’emissione dell’avviso di accertamento d’imposta o di maggiore imposta, deve notificare all’interessato un apposito avviso con il quale è concessa al medesimo la possibilità di fornire, nel termine di 90 giorni, le prove di cui al primo punto. Ove l’Amministrazione non ritenga idonee le prove addotte, deve darne specifica motivazione nell’avviso di accertamento.

Le disposizioni non si applicano per le operazioni intercorse con soggetti non residenti cui risulti applicabile l’art. 167 Tuir, concernente disposizioni in materia di imprese estere controllate.

 

Le disposizioni si applicano anche alle prestazioni di servizi rese dai professionisti domiciliati in Paesi o territori individuati nello stesso modo.

Regime forfetario e flat tax incrementale

La Legge di Bilancio 2023 reca con sé qualche novità per il regime forfetario e un nuovo regime di flat tax incrementale per il solo anno 2023.

Regime forfetario

Il regime forfetario, introdotto con la Legge di Stabilità 2015 e più volte modificato, è un regime agevolato destinato agli operatori economici di ridotte dimensioni.

Esso può essere scelto dalle persone fisiche che esercitano un’attività d’impresa, arti o professioni, mentre sono escluse le società e le associazioni professionali.

I requisiti per l’accesso si sono parzialmente modificati:

  • ricavi/compensi: dal 2023 il requisito di accesso si incrementa da Euro 65.000 ad Euro 85.000. Tale requisito andrà valutato sull’anno precedente e va rapportato ai mesi di attività
  • spese per personale dipendente: il requisito rimane inalterato e riguarda il sostenimento di spese per personale dipendente che non può superare il limite di euro 20.000
  • percezione di redditi di lavoro dipendente o assimilati: anche questo requisito rimane inalterato e rimane quindi il limite di euro 30.000 da verificare sull’anno precedente.

Rimangono inalterate le cause di esclusione che riguardano:

  • le persone fisiche che si avvalgono di regimi speciali ai fini dell’imposta sul valore aggiunto o di regimi forfetari di determinazione del reddito
  • i soggetti non residenti in Italia, salvo che per i residenti in uno stato UE o aderente all’Accorso sullo Spazio economico europeo e che producono in Italia almeno il 75% del totale del reddito prodotto
  • i soggetti che in via esclusiva o prevalente effettuano cessioni di fabbricati o porzioni di fabbricati, di terreni edificabili o mezzi di trasporto nuovi
  • gli esercenti attività d’impresa, arti o professioni che, contemporaneamente all’esercizio dell’attività:
    • partecipano a società di persone, ad associazioni professionali o ad imprese familiari
    • oppure controllano, direttamente o indirettamente, società a responsabilità limitata o associazioni in partecipazione, le quali esercitano attività economiche direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte dagli esercenti attività d’impresa, arti o professioni
  • le persone fisiche la cui attività è esercitata prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o erano intercorsi rapporti di lavoro nei due precedenti periodi d’imposta, ovvero nei confronti di soggetti direttamente o indirettamente riconducibili ai suddetti di datori di lavoro.

La principale agevolazione riguarda il calcolo del reddito, che viene determinato applicando ai ricavi una percentuale di forfettizzazione, indipendente dalle spese effettivamente sostenute, e l’aliquota d’imposta che è pari al 5% nei primi 5 esercizi e al 15% per gli esercizi successivi. I ricavi, tra l’altro, vengono tassati solo quando effettivamente incassati.

Le fatture possono essere emesse in modalità cartacea tranne che per i soggetti che, nell’anno 2021, hanno avuto un ricavi/compensi superiori a 25.000 euro. L’obbligo scatterà per tutti, invece, dal 2024.

La Legge di Bilancio introduce inoltre un’ulteriore causa di fuoriuscita dal regime forfettario. A partire dall’anno 2023, infatti:

  • per chi sfora il limite di 85.000 euro di ricavi e compensi, ma si mantiene sotto i 100.000 euro, la fuoriuscita avviene dall’esercizio successivo
  • se lo sforamento supera i 100.000 euro la fuoriuscita è immediata, e si dovrà quindi applicare l’Iva (e la ritenuta d’acconto) per le operazioni che vanno sopra questo limite.

È quindi importante tenere sotto controllo il volume di ricavi/compensi durante l’anno 2023 per evitare di incorrere in sanzioni per la mancata applicazione dell’Iva e delle ritenute d’acconto.

Flat tax incrementale

Per le persone fisiche che non applicano il regime forfettario, la Legge di Bilancio ha previsto per l’anno 2023 una particolare forma di flat tax incrementale.

Per questi soggetti per il 2023 sarà possibile applicare un’imposta sostitutiva dell’Irpef, pari al 15%, su una base imponibile pari alla differenza tra il reddito determinato per il 2023 e il reddito più elevato dichiarato nel triennio 2020-2022, decurtata di un importo pari al 5% di quest’ultimo ammontare. La base imponibile non potrà comunque superare i 40.000 euro.

Facciamo un esempio. Supponiamo che un soggetto abbia dichiarato i seguenti redditi:

  • anno 2020 – Euro 80.000
  • anno 2021 – Euro 90.000
  • anno 2022 – Euro 75.000
  • anno 2023 – Euro 100.000

In questo caso il reddito più alto del triennio 2020-2022 è quello del 2021, pari ad Euro 90.000. Quindi la base imponibile sarà data dal reddito 2023 (100.000) e il reddito 2021 (90.000) e sarà quindi pari a 10.000 euro. Questo importo andrà decurtato del 5% e quindi diverrà 9.500 euro sul quale si applicherà l’imposta del 15% in luogo delle normali aliquote progressive.

In ogni caso il reddito per l’anno 2023 verrà tenuto per intero in considerazione per determinare la spettanza di deduzioni, detrazioni o benefici a qualsiasi titolo e, per la determinazione degli acconti 2024, si dovrà tenere conto, come imposta del periodo precedente, di quella che si sarebbe determinata non applicando la flat tax incrementale.

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