Quando è possibile detrarre il canone di locazione in dichiarazione?

In generale il pagamento di un canone di locazione non da diritto ad una detrazione in dichiarazione dei redditi ma esistono delle casistiche specifiche in cui ciò è possibile. Vediamole assieme.

Contratti a canone libero

Per chi stipula contratti di locazione a canone libero, cioè i comuni contratti di locazione per uso abitativo c.d. 4+4, per l'abitazione principale, sono previste detrazioni differenziate in base al reddito:

  • 300 euro per redditi fino a 15.493,71 euro;
  • 150 euro per redditi tra 15.493,71 e 30.987,41 euro.

Contratti a canone concordato

Nel caso di contratti a canone concordato, le detrazioni aumentano:

  • 495,80 euro per redditi fino a 15.493,71 euro;
  • 247,90 euro per redditi tra 15.493,71 e 30.987,41 euro.

Detrazione per giovani inquilini (20-31 anni)

I giovani tra i 20 e i 31 anni (non compiuti) possono beneficiare di una detrazione più vantaggiosa, a patto che il reddito complessivo non superi 15.493,71 euro. Questa detrazione è valida anche se la locazione non riguarda l’intero immobile ma solo una stanza, e corrisponde al maggiore tra:

  • una somma fissa di 991,60 euro;
  • il 20% del canone annuo, con un massimo di 2.000 euro.

Questa agevolazione è fruibile per i primi quattro anni dalla stipula del contratto.

Detrazione per studenti universitari fuori sede

Gli studenti universitari che studiano lontano dalla propria residenza possono detrarre il 19% del canone, fino a un massimo di 2.633 euro. L’immobile affittato deve trovarsi nello stesso comune dell'università o in uno limitrofo e deve essere distante almeno 100 Km dal comune di residenza. L'importo effettivamente detraibile dipende dal reddito del contribuente e viene progressivamente ridotto fino ad azzerarsi per redditi superiori a 240.000 euro.

Detrazione per lavoratori trasferiti per motivi di lavoro

I lavoratori dipendenti che trasferiscono la residenza per esigenze professionali in un comune distante almeno 100 km e in un'altra regione possono beneficiare delle seguenti detrazioni:

  • 991,60 euro per redditi fino a 15.493,71 euro;
  • 495,80 euro per redditi tra 15.493,71 e 30.987,41 euro.

Tale beneficio è valido per un massimo di 3 anni dal trasferimento e cessa se il lavoratore perde lo status di dipendente.

Limiti di cumulabilità

È importante ricordare che queste detrazioni non possono essere cumulate con contributi o aiuti pubblici (come il fondo affitti) che abbiano già ridotto l’importo effettivamente pagato dall'inquilino.

Regime fiscale delle locazioni brevi: tutte le regole da conoscere

Le locazioni brevi sono contratti di affitto di immobili destinati a uso abitativo, di durata non superiore a 30 giorni, conclusi da persone fisiche al di fuori dell’attività d’impresa, direttamente o tramite intermediari anche online (come Airbnb o Booking). Dal punto di vista fiscale, per questi contratti è prevista l’applicazione della cedolare secca.

Secondo la normativa vigente, il regime fiscale delle locazioni brevi è applicabile esclusivamente in presenza di massimo 4 appartamenti locati per ciascun periodo d'imposta. Se il numero supera tale limite, la locazione è considerata svolta in forma imprenditoriale con conseguente obbligo di apertura della partita IVA e impossibilità di optare per la cedolare secca.

Registrazione del contratto

Non è obbligatoria la registrazione per contratti di durata inferiore ai 30 giorni annui. Tuttavia, nel caso di più contratti stipulati nello stesso anno con lo stesso inquilino, il limite dei 30 giorni si applica considerando la durata complessiva delle locazioni.

Irpef e cedolare secca

In via ordinaria, i redditi derivanti da locazioni brevi sono soggetti a Irpef. Se la locazione non prevede servizi accessori, e non è svolta con professionalità e organizzazione, i proventi sono classificati come reddito da fabbricati.

Quando invece la locazione include servizi aggiuntivi (colazione, trasferimenti, guide turistiche, ecc.) o è svolta con organizzazione professionale, si configura un’attività commerciale, e i redditi possono essere qualificati come redditi diversi o redditi d’impresa.

In alternativa all'Irpef ordinaria, qualora il reddito sia qualificabile come reddito da fabbricati, è possibile optare per la cedolare secca, che prevede un'aliquota standard del 26%, ridotta al 21% soltanto per una singola unità immobiliare indicata dal contribuente nella dichiarazione dei redditi.

Ruolo degli intermediari

Gli intermediari immobiliari e le piattaforme online che facilitano la locazione devono effettuare una ritenuta d'acconto del 21% sui canoni corrisposti al proprietario. Tale ritenuta dovrà poi essere scomputata dal proprietario nella dichiarazione dei redditi, eventualmente versando l’eventuale saldo.

Adempimenti dichiarativi

La scelta del regime fiscale (ordinario o cedolare secca) deve essere comunicata tramite la dichiarazione dei redditi relativa al periodo in cui i redditi sono maturati o i corrispettivi riscossi. Nel caso di comproprietà, solo il proprietario che stipula il contratto può scomputare la ritenuta subita direttamente, mentre gli altri comproprietari devono dichiarare il reddito pro-quota.

In conclusione, è fondamentale valutare attentamente le caratteristiche della propria attività locativa per determinare il corretto inquadramento fiscale e adempiere agli obblighi di legge evitando sanzioni.

Auto in uso promiscuo ai dipendenti: cosa cambia nel 2025

Tra i cosiddetti “fringe benefit”, cioè i benefici concessi ai dipendenti in natura, uno di quelli più utilizzati è rappresentato dall’assegnazione di un’autovettura ad uso promiscuo, cioè per uso sia aziendale che privato.

La soluzione è molto apprezzata dai dipendenti e consente alle aziende di detrarre il costo in misura del 70% e l’Iva, a seconda se la concessione dell’auto avviene a titolo totalmente gratuito o dietro un corrispettivo, di detrarre l’Iva al 40% o al 100%.

Affinché l’auto possa essere assegnata al dipendente deve essere presente una specifica clausola nel contratto di lavoro e va sottoscritta un’apposita lettera di assegnazione, sottoscritta da ambo le parti, alle quali preferibilmente assegnare data certa.

L’assegnazione dell’auto in uso promiscuo al dipendente comporta per quest’ultimo, anche in assenza di corrispettivo, l’attribuzione di un reddito figurativo in busta paga, assoggettato ad imposte e contributi. Il reddito figurativo viene calcolato sulla base delle tabelle ACI, considerando una percorrenza convenzionale annua di 15.000 Km, è determinando una percentuale variabile su detto costo di percorrenza.

Ed è proprio la quantificazione di questo reddito figurativo a cambiare nel 2025, a causa della Legge di Bilancio.

In particolar modo le modifiche si applicheranno ai veicoli immatricolati a partire dall’01.01.2025 e assegnati ai dipendenti sulla base di accordi siglati a decorrere da tale data.

Per detti automezzi, è previsto che il reddito figurativo si calcoli come percentuale applicata al costo di percorrenza su 15.000 Km annui, secondo questa scansione:

  • 50% del costo per i veicoli a benzina, diesel e ibridi
  • 20% del costo per i veicoli ibridi plug-in
  • 10% del costo per i veicoli elettrici.

Per i veicoli immatricolati e assegnati dall’1 luglio 2020 e fino al 31 dicembre 2024, invece, si continuano ad applicare le seguenti percentuali:

  • 25% per i veicoli con valori di emissione di CO2 non superiori a 60 g/km;
  • 30% per i veicoli, con emissioni di CO2 superiori a 60 g/km e fino a 160 g/km;
  • 50% per i veicoli in caso di emissioni di CO2 superiori a 160 g/km e fino a 190 g/ km;
  • 60% per i veicoli con emissione di CO2 superiori a 190 g/km.

Infine per i veicoli assegnati dal primo 1 luglio 2020 l’importo tassato è stabilito convenzionalmente nella misura del 30%.

Tassazione Cripto-attività: le modifiche introdotte dalla Legge di Bilancio

Le cripto-attività, definite come la “rappresentazione digitale di valore o di diritti che possono essere trasferiti e memorizzati elettronicamente, utilizzando la tecnologia di registro distribuito o una tecnologia analoga”, vengono tassate come redditi diversi qualora vi siano plusvalenze o altri proventi realizzati mediante rimborso o cessione a titolo oneroso, permuta o detenzione di cripto-attività, comunque denominate.

Con la Legge di Bilancio vengono introdotte alcune modifiche alla disciplina finora esistente.

In primo luogo viene abrogata la soglia di non imponibilità di 2.000 euro. Di conseguenza, qualsiasi plusvalenza derivante dalla vendita o permuta di cripto-attività sarà interamente soggetta a tassazione.

Viene altresì incrementata l’aliquota di imposizione che, fino al 31 dicembre 2025, sarà pari al 26% ma salirà al 33% a partire dal 2026, rendendo più onerosa la tassazione per gli investitori.

La plusvalenza imponibile sarà calcolata come differenza tra il corrispettivo percepito (o il valore normale delle cripto-attività permutate) e il costo o valore di acquisto. Alcuni aspetti fondamentali:

  • le minusvalenze possono essere dedotte dalle plusvalenze successive, entro un periodo massimo di quattro anni, purché siano dichiarate nella dichiarazione dei redditi
  • in caso di acquisto per successione, il costo sarà quello definito ai fini dell'imposta di successione; per le donazioni, invece, si assumerà il costo originario del donante
  • in assenza di documentazione certa sul valore di acquisto, il costo sarà considerato pari a zero
  • i proventi derivanti dalla detenzione di cripto-attività sono tassabili senza alcuna deduzione dei costi sostenuti per l'acquisto e la cessione (ad esempio, bolli e commissioni).

Per chi detiene cripto-attività al 1° gennaio 2025, è possibile rideterminarne il valore pagando un'imposta sostitutiva del 18%, da versare entro il 30 novembre 2025. Il pagamento può essere rateizzato in tre anni, con un tasso d'interesse del 3% annuo sulle rate successive alla prima.

Maxideduzione per i costi del personale: estensione sino al 2026.

La Legge di Bilancio 2025 interviene estendendo fino al 2026 la c.d. “maxi-deduzione per i costi del personale”, un’agevolazione inizialmente prevista per il 2024 e che maggiora la deduzione dei costi del personale in caso di assunzioni effettuate in ogni singolo anno. Rivediamo assieme i contenuti dell’agevolazione, anche in vista dell’applicazione in sede di redazione della prossima dichiarazione dei redditi.

Soggetti beneficiari

L’agevolazione è applicabile a tutti i soggetti titolari di reddito d’impresa e agli esercenti arti e professioni. Per gli enti non commerciali, l’agevolazione spetta solo per i lavoratori impiegati nell’esercizio dell’attività commerciale.

L’agevolazione non spetta alle società e agli enti in liquidazione ordinaria, assoggettati a liquidazione giudiziale o agli altri istituti liquidatori relativi alla crisi d’impresa.

Presupposti oggettivi

Presupposto per la super deduzione è l’esistenza di un incremento occupazionale alla fine di ogni esercizio, rispetto all’esercizio precedente, cioè che il numero dei dipendenti a tempo indeterminato sia superiore al numero dei dipendenti a tempo indeterminato mediamente occupati nel periodo d’imposta precedente, al netto delle diminuzioni occupazionali verificatesi in società controllate o collegate.

Ai fini della determinazione delle nuove assunzioni di lavoratori a tempo indeterminato e nel calcolo dell’incremento/decremento occupazionale:

  • non rilevano i lavoratori dipendenti, ad eccezione di quelli assunti a tempo indeterminato nel periodo d’imposta di riferimento, i cui contratti sono ceduti sia a seguito di trasferimenti di aziende o rami d’azienda, sempre che il contratto sia in essere al termine del periodo d’imposta di riferimento; in caso contrario, detti lavoratori dipendenti riducono l’incremento occupazionale;
  • nei casi di cui al punto precedente, i dipendenti assunti a tempo indeterminato nel periodo di d’imposta di riferimento rilevano sia per il dante causa sia per l’avente causa in proporzione alla durata del rapporto di lavoro;
  • non si tiene conto del personale assunto a tempo indeterminato destinato a una stabile organizzazione localizzata all’estero di un soggetto residente;
  • non si tiene conto dei dipendenti assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato precedentemente in forza ad altra società del gruppo e il cui rapporto di lavoro con quest’ultima sia interrotto a decorrere dal 30 dicembre 2023;
  • si tiene conto dei lavoratori dipendenti a tempo indeterminato nell’ipotesi di conversione di un contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato effettuata nel periodo d’imposta di riferimento;
  • i soci lavoratori di società cooperative sono assimilati ai lavoratori dipendenti;
  • i lavoratori dipendenti con contratto di lavoro a tempo parziale rilevano in misura proporzionale alle ore di lavoro prestate rispetto a quelle previste dal contratto nazionale.

Calcolo della deduzione

La norma prevede che il costo del personale di nuova assunzione con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato è maggiorato, ai fini della determinazione del reddito, di un importo pari al 20% del costo riferibile all’incremento occupazionale.

Il costo che è oggetto della super deduzione è pari al minore tra:

  • il costo effettivo relativo ai nuovi assunti
  • l’incremento complessivo del costo del personale risultante dal conto economico rispetto a quello relativo all’esercizio precedente

E’ previsto un ulteriore incremento della deduzione, pari al 10% per le assunzioni di particolari categorie di soggetti:

  • lavoratori molto svantaggiati ai sensi dell'articolo 2, numero 99), del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, e successive modificazioni;
  • persone con disabilità ai sensi dell'articolo 1 della legge 12 marzo 1999, n. 68, le persone svantaggiate ai sensi dell'articolo 4 della legge 8 novembre 1991, n. 381, gli ex degenti di ospedali psichiatrici, anche giudiziari, i soggetti in trattamento psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcolisti, i minori in età lavorativa in situazioni di difficoltà familiare, le persone detenute o internate negli istituti penitenziari, i condannati e gli internati ammessi alle misure alternative alla detenzione e al lavoro all'esterno ai sensi dell'articolo 21 della legge 26 luglio 1975, n. 354 e successive modificazioni;
  • donne di qualsiasi età con almeno due figli di età minore di diciotto anni o prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi residenti in regioni ammissibili ai finanziamenti nell'ambito dei fondi strutturali dell'Unione europea e nelle aree di cui all'articolo 2, numero 4), lettera f), del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, annualmente individuate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;
  • donne vittime di violenza, inserite nei percorsi di protezione debitamente certificati dai centri antiviolenza di cui all'articolo 5-bis del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, da cui sia derivata la deformazione o lo sfregio permanente del viso accertato dalle competenti commissioni mediche di verifica;
  • giovani ammessi agli incentivi all'occupazione giovanile di cui all'articolo 27, comma 1, del decreto-legge 4 maggio 2023, n. 48, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 luglio 2023, n. 85;
  • lavoratori con sede di lavoro situata in regioni che nel 2018 presentavano un prodotto interno lordo pro capite inferiore al 75 per cento della media EU27 o comunque compreso tra il 75 per cento e il 90 per cento, e un tasso di occupazione inferiore alla media nazionale;
  • già beneficiari del reddito di cittadinanza di cui agli articoli da 1 a 13 del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, che siano decaduti dal beneficio per effetto dell'articolo 1, commi 313 e 318, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 e che non integrino i requisiti per l'accesso all'Assegno di inclusione di cui all'articolo 1 e seguenti del decreto-legge 4 maggio 2023, n. 48, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 luglio 2023, n. 85.

Bonus edilizi: cosa cambia nel 2025

Dopo l’ubriacatura dei bonus edilizi di questi anni, che ha creato enormi problematiche ai conti pubblici, nel 2025 si assiste ad una brusca frenata in tema di bonus edilizi. Vediamo di seguito come cambiano le principali detrazioni previste dalla normativa in vigore.

Ristrutturazioni edilizie

Per gli interventi di manutenzione straordinaria, ristrutturazione ed in generale di recupero del patrimonio edilizio il più grosso cambiamento si registra per i possessori di seconde case.

Mentre, infatti, per la prima casa rimane inalterata la detrazione al 50% con un massimale di lavori di 96.000 euro, per le seconde case la percentuale si riduce al 36%. La percentuale scenderà per tutti al 30% a partire dal 2028 e con un massimale di 48.000 euro.

Ecobonus

Per quanto riguarda l’ecobonus le riduzioni rispetto al passato sono spesso maggiori.

Anche qui vanno distinti due periodi:

  • per il 2025, la detrazione sarà pari al 50% per i proprietari o titolari di diritti reali su abitazioni principali mentre sarà al 36% per tutti gli altri.
  • Per il 2026 e il 2027, la detrazione sarà pari al 36% per i proprietari o titolari di diritti reali su abitazioni principali mentre sarà al 30% per tutti gli altri.

Viene inoltre stabilito che non spetta alcuna detrazione per la sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con caldaie uniche alimentate a combustibili fossili.

Sismabonus

Decisamente ridotta la percentuale di detrazione per gli interventi sismabonus ordinari che, in passato, arrivavano fino all’85% degli interventi realizzati.

Dal 2025 il trattamento sarà il medesimo previsto per le ristrutturazioni e l’ecobonus, quindi per il 2025 il 50% per l’abitazione principale e il 36% per gli altri, nel 2026 e il 2027 il 36% per l’abitazione principale e il 30% per gli altri e poi il 30% fisso per tutti dal 2028 on poi.

Bonus mobili

Viene invece confermato il bonus mobili per il 2025, con una detrazione del 50% su una spesa massima di 5.000 euro. Il bonus spetta, come di consueto, solo se legato agli interventi di ristrutturazione e per l’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici.

Bonus barriere architettoniche

Conferma anche per il bonus barriere architettoniche al 75% fino al 31 dicembre 2025, con i seguenti limiti di spesa:

  • Euro 50.000 per edifici unifamiliari o unità immobiliari funzionalmente indipendenti con accesso autonomo dall'esterno;
  • Euro 40.000 moltiplicati per il numero di unità immobiliari in edifici composti da 2 a 8 unità;
  • Euro 30.000 moltiplicati per il numero di unità immobiliari in edifici con più di 8 unità.

Superbonus

Ormai agli sgoccioli l’agevolazione che ha fatto da padrona in questi anni.

È possibile ancora beneficiare dell’agevolazione al 65% ma la stessa spetta solo per gli interventi già avviati o per i quali, alla data del 15.10.2024, risulti:

  • presentata la comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA), se gli interventi sono diversi da quelli effettuati dai condomini;
  • adottata la delibera assembleare che ha approvato l'esecuzione dei lavori e presentata la comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA), se gli interventi sono effettuati dai condomini;
  • presentata l'istanza per l'acquisizione del titolo abilitativo, se gli interventi comportano la demolizione e la ricostruzione degli edifici.

Viene inoltre data la possibilità di ripartire in 10 quote annuali le spese sostenute nell’anno 2023.

Detrazioni fiscali in dichiarazione: dal 2025 non per tutti

A partire dal 2025 la possibilità di fruire di detrazioni fiscali (es. ristrutturazione edilizia) in dichiarazione dei redditi viene limitata per chi dichiara più di 75.000 euro annui, secondo un massimale che va calcolato tenendo conto di due elementi:

  • il reddito complessivo dichiarato;
  • la situazione del nucleo familiare del contribuente.

Il primo passaggio da fare è stabilire il valore massimo delle detrazioni fiscali spettanti tenendo conto del reddito. In questo senso vengono identificati due scaglioni:

  • per chi dichiara un reddito complessivo tra 75.001 e 100.000 euro, il valore di base è pari a 000 euro;
  • per chi dichiara un reddito complessivo superiore a 100.000 euro, il valore di base è pari a 000 euro.

Una volta determinato il valore massimo delle detrazioni, a questo valore andrà applicato un coefficiente familiare che cambia a seconda del numero dei figli fiscalmente a carico presenti nel nucleo familiare, secondo questa gradazione:

  • 0,50 se nel nucleo familiare non ci sono figli a carico;
  • 0,75 se c’è solo un figlio a carico;
  • 0,85 se ci sono due figli a carico;
  • 1 se ci sono più di due figli a carico o ne è presente almeno uno con disabilità.

Fatto questo si moltiplicherà il valore del massimale per il coefficiente e quello sarà il limite massimo di detrazioni fiscali fruibile in dichiarazione.

Per fare un esempio, un soggetto che dichiara più di 100.000 euro l’anno e che ha due figli a carico potrà beneficiare di detrazioni nel limite di 6.800 euro (8.000 euro moltiplicati per il coefficiente 0,85).

Il suddetto limite toccherà tutte le spese detraibili con eccezione delle spese sanitarie e delle somme investite in start-up e pmi innovative.

Dal 2025 la rivalutazione di quote di partecipazione e terreni va a regime

Dopo molteplici anni in cui la misura veniva prorogata di anno in anno, la legge di bilancio 2025 rende permanente la possibilità di rivalutazione di quote di partecipazione e terreni

Le modalità di accesso sono pressoché invariate, in quanto la disposizione consente sempre la rivalutazione:

  • di terreni a destinazione agricola o edificabili, compresi i terreni lottizzati o quelli su cui sono state costruite opere per renderli edificabili posseduti, non da imprese commerciali, a titolo di proprietà, nuda proprietà, usufrutto, enfiteusi;
  • di partecipazioni in società non quotate in mercati regolamentati (qualificate o meno), possedute a titolo di proprietà o usufrutto

con il pagamento di un’imposta sostitutiva. La data di riferimento per il possesso di terreni o partecipazioni è il primo gennaio di ogni anno.

La rivalutazione può essere operata:

  • dalle persone fisiche per operazioni estranee all’attività d’impresa;
  • dalle società semplici ed enti ad essi equiparate;
  • dagli enti non commerciali per i beni che non rientrano nell’esercizio di impresa commerciale;
  • soggetti non residenti senza stabile organizzazione in Italia.

L’operazione di rivalutazione deve avvenire sulla base di una perizia di stima, giurata entro il 30 novembre dell’anno di riferimento da parte di alcune specifiche categorie di soggetti:

  • per le partecipazioni non quotate, gli iscritti all’albo dei dottori commercialisti ed esperti contabili, gli iscritti nel Registro dei revisori legali e i periti iscritti nelle Camere di commercio;
  • per i terreni, gli iscritti agli albi degli ingegneri, architetti, geometri, dottori agronomi, periti agrari, periti industriali edili e i periti iscritti nelle Camere di commercio;
  • per le partecipazioni quotate è possibile usare come base imponibile ma media aritmetica dei prezzi rilevati nel mese di dicembre dell’anno precedente.

Il costo della perizia è a carico del contribuente ma può essere dedotto dalla plusvalenza realizzata in caso di vendita futura del bene, purché questa superi il valore asseverato nella perizia stessa.

Il valore del terreno o della partecipazione, così come rideterminato con la perizia di stima, deve essere assoggettato ad imposta sostitutiva pari all’18% (in luogo del precedente 16%), con versamento che può essere effettuato in un’unica soluzione o frazionato in tre quote annuali di pari importo, con prima rata da pagarsi entro il 30 novembre dell’anno in cui si effettua la rivalutazione e le altre due rate da versarsi entro il 30 novembre dei due anni successivi, con maggiorazione di interessi pari al 3% annuo.

Si rammenta che l’effetto della rivalutazione è quello di beneficiare di un minor carico fiscale sulle plusvalenze in caso di successiva cessione (o altra operazione fiscalmente assimilabile).

Il calcolo per comprendere quale sia l’alternativa più favorevole non è semplice. Per i terreni edificabili occorre valutare caso per caso, in quanto, in base agli articoli 17, c. 1 e 68, c. 2 Tuir la plusvalenza è soggetta a tassazione separata e il costo iniziale può essere incrementato con l’indice Istat. Per le partecipazioni, invece, il confronto deve essere effettuato tra il 26% di imposta ordinaria applicata sul plusvalore e il 18% di imposta sostitutiva calcolata sul valore di mercato del bene. Il punto di equilibrio si trova quando la plusvalenza è pari al 225% del costo fiscalmente riconosciuto. Devono essere però considerati – per i terreni e le partecipazioni non negoziate – i costi di perizia, che, se a carico del contribuente (e non accollati alla società partecipata che li deduce in 5 anni), sono a loro volta defalcabili dalla plusvalenza ove questa sia maggiore di quella latente espressa dal valore asseverato.

Invitiamo quindi i clienti proprietari di partecipazioni o di terreni, interessati a questa opportunità, di contattarci al fine di valutare la convenienza di accedere a questa previsione agevolativa.

Buoni carburante e buoni spesa ai dipendenti: profili fiscali

Con l’avvicinarsi del periodo natalizio diviene sempre più frequente la possibilità che il datore di lavoro eroghi ai dipendenti, a titolo di gratifica, i c.d. buoni carburante o dei c.d. buoni spesa in modo da consentire al dipendente di usufruirne per l’acquisto di carburante o di altri beni oggetto del buono. Vediamo la disciplina fiscale, in modo da valutarne la convenienza per chi li eroga.

Imposte sui redditi

Ai fini delle imposte sui redditi, i buoni carburante e/o spesa costituiscono fringe benefit in capo ai dipendenti e, per questi ultimi, beneficiano dell’esclusione da imposizione:

  • per il 2024, se di importo inferiore a 1.000 euro e, per i dipendenti con figli, a 2.000 euro calcolati per periodo d’imposta
  • per tutti gli altri anni, se di importo inferire a 258,23 euro nel periodo d’imposta.

Va evidenziato che i buoni carburante/spesa non possono essere utilizzati da persona diversa dal titolare e non possono essere ceduti a terzi, quindi, se il buono consegnato non è nominativo, sarebbe opportuno che il datore di lavoro conservi la prova che quel determinato buono sia stato consegnato ad uno specifico dipendente (es. istituendo un apposito registro oppure attraverso invio di una comunicazione tracciata, anche attraverso il sistema informatico aziendale).

Diversamente da altre tipologie di fringe benefit, la normativa di favore è applicabile anche nel caso in cui il buono sia assegnato al singolo dipendente, non essendo necessaria l’assegnazione a tutti i dipendenti o a categorie omogenee degli stessi.

La spesa per l’acquisto dei buoni è integralmente deducibili per il datore di lavoro, sia esso impresa o lavoratore autonomo.

Iva

Nella maggior parte dei casi, sia i buoni carburante che i buoni spesa rientrano nella categoria dei c.d. buoni corrispettivo monouso, cioè un buono che dà diritto all’acquisto del carburante o dei beni da uno specifico fornitore.

In questo caso il datore di lavoro riceverà dal soggetto emittente il buono una fattura con addebito di Iva, in quanto si sa già al momento dell’emissione quale sarà il trattamento Iva applicabile. L’Iva sarà integralmente detraibile.

Se invece il buono dovesse essere un c.d. multiuso, cioè, dare diritto all’acquisto di una pluralità di beni da una pluralità di fornitori, la fattura emessa per l’emissione dei buoni sarà fuori campo Iva in quanto il corretto trattamento Iva si conoscerà solo quando il dipendente procedere materialmente all’acquisto di un bene/servizio utilizzando il buono ricevuto.

Forfettari: aliquota ridotta solo all’avvio dell’attività

I soggetti che aderiscono al c.d. regime forfettario possono, in alcuni casi, beneficiare per i primi 5 anni di attività di un’imposta sostitutiva ridotta al 5%. In particolar modo le condizioni per l’accesso al beneficio sono:

  • non aver esercitato attività artistica, professionale o d’impresa nei 3 anni precedenti;
  • non proseguire un’attività svolta sotto forma di lavoro dipendente o autonomo;
  • non continuare un’attività svolta da un altro soggetto con ricavi superiori ai limiti previsti

In merito a questo specifico aspetto l’Agenzia delle Entrate, con risposta ad un’istanza di interpello del 22.11.2024, ha chiarito una questione che aveva lasciato molti dubbi tra i professionisti e gli operatori, cioè la possibilità di applicare l’imposta sostitutiva al 5% anche per i soggetti che avviano l’attività con un regime normale (es. ordinario o semplificato) per poi passare al regime forfettario in una successiva annualità.

Per fare un esempio, che è quello poi indicato anche nell’istanza di interpello, può accadere che un soggetto apra la partita Iva ma non possa immediatamente beneficiare del regime forfettario perché è presente una causa ostativa (ad esempio, nel caso in cui il soggetto sia proprietario di quote di partecipazione in una società di persone).

Una volta avviata l’attività con un regime non forfettario (ordinario o semplificato), il contribuente potrebbe rimuovere la causa ostativa (nell’esempio precedente, cedendo o donando le sue quote di partecipazione) e, sino ad ora, c’era chi riteneva applicabile l’aliquota del 5% anche successivamente all’apertura, purché entro i 5 anni dalla stessa.

L’Agenzia delle Entrate esclude categoricamente questa possibilità, affermando che l’aliquota ridotta è ammissibile solo se le condizioni previste dalla norma per la sua applicazione sono presenti sin dal primo anno di attività.

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