Interventi Superbonus: effetti anche sulle plusvalenze da cessione

Continuano le previsioni normative che, in un modo o nell’altro, penalizzano chi ha scelto di avvalersi delle agevolazioni fiscali collegate al c.d. Superbonus.

Con una modifica prevista dalla legge di bilancio 2024 viene infatti inasprita l’imposizione sugli immobili oggetto di interventi Superbonus in caso di successiva cessione.

La plusvalenza sui beni oggetto di interventi, che si siano conclusi da non più di 10 anni all’atto della cessione, viene tassata come reddito diverso, con esclusione dei soli immobili acquisiti per successione e di quelli che siano stati adibiti ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari per la maggior parte dei 10 anni antecedenti alla cessione o, qualora tra la data di acquisto o di costruzione e la cessione sia decorso un periodo inferiore a 10 anni, per la maggior parte di tale periodo.

Fondamentalmente, rispetto al regime ordinario, si prolunga il periodo di assoggettamento ad imposizione delle plusvalenze da 5 a 10 anni e, dal tenore della norma, questa penalizzazione sarà applicata indipendentemente dalla percentuale di Superbonus di cui beneficiato, quindi non solo per il 110% ma anche per il 90%, il 70% o il 65%.

Una seconda penalizzazione riguarda il criterio di determinazione della plusvalenza.

Normalmente detta plusvalenza viene determinata come differenza tra il corrispettivo percepito e il prezzo d’acquisto o il costo di costruzione del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente il bene medesimo. Quindi se dall’acquisto del bene al momento della vendita ho effettuato, ad esempio, delle spese di ristrutturazione, tali spese si sommano al prezzo d’acquisto riducendo così l’importo della plusvalenza.

Per gli interventi Superbonus tale regola è parzialmente modificata. In particolare:

  • se al momento della vendita gli interventi Superbonus si sono conclusi da non più di 5 anni, si sia usufruito dell’incentivo nella misura del 110% e si siano esercitate le opzioni di cessione del credito o sconto in fattura, non si tiene conto delle spese relative a tali interventi al fine di diminuire l’importo della plusvalenza
  • se al momento della vendita gli interventi Superbonus si sono conclusi da più di 5 anni, si sia usufruito dell’incentivo nella misura del 110% e si siano esercitate le opzioni di cessione del credito o sconto in fattura, si tiene conto delle spese relative a tali interventi solo per un 50% al fine di diminuire l’importo della plusvalenza.

In ogni caso alle plusvalenze realizzate è sempre applicabile l’imposta sostitutiva del 26%.

Cessione di immobili: quando si pagano imposte sulle plusvalenze?

Quando, da privati, si cede un bene immobile ci si chiede spesso quali siano le imposte dirette da pagare sulla plusvalenza, cioè sulla differenza tra il corrispettivo percepito e il prezzo di acquisto o il costo di costruzione dell’immobile, aumentato di ogni altro costo inerente il bene medesimo (es. imposte indirette pagate al momento dell’acquisto, spese notarili e accessorie sostenute all’atto dell’acquisto, spese incrementative sostenute dopo l’acquisto e prima della cessione).

Il nostro sistema fiscale prevede un regime impositivo diverso a seconda che il bene immobile sia stato acquistato o costruito da più di cinque anni.

Per i beni acquistati o costruiti da più di cinque anni vige un principio di assenza di imposizione, indipendentemente dall’importo della plusvalenza. L’importo “guadagnato”, quindi, in questi casi è totalmente estraneo a qualsiasi imposta.

Diverso il caso per i beni acquistati o costruiti da non più di cinque anni. Per questi ultimi le plusvalenze danno luogo a un reddito tassabile, salvo che:

  • gli immobili siano stati acquisiti per successione
  • gli immobili siano stati adibiti, per la maggior parte del periodo tra l’acquisto/costruzione e la vendita, ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari (coniuge, parenti entro il terzo grado, affini entro il secondo grado)

In tutti gli altri casi la differenza tra il corrispettivo e il costo di acquisto/costruzione andrà inserita tra i redditi tassabili.

Per i privati che non agiscono nell’esercizio di imprese, arti o professioni e per i quali emerge una plusvalenza tassabile in caso di vendita, esiste la possibilità di applicare, in luogo dell’Irpef ordinaria, una imposta sostitutiva pari al 26% della plusvalenza realizzata.

La richiesta di applicazione dell’imposta sostitutiva va resa al notaio al momento della stipula dell’atto di vendita, provvedendo contestualmente al versamento al notaio della provvista necessaria per il pagamento della relativa imposta. Chi si avvale di tale possibilità è escluso dai controlli effettuati dall’Amministrazione finanziaria in materia di compravendite immobiliari e dall’applicazione dell’accertamento induttivo.

L’applicazione dell’imposta sostitutiva, oltre che per le esclusioni da controlli e accertamenti induttivi, può comportare anche un sensibile risparmio d’imposta rispetto alla tassazione ordinaria, specialmente in caso di plusvalenze di rilevante valore. È evidente che, prima di procedere alla scelta, va fatto un calcolo di convenienza che tenga conto, tra l’altro, anche di eventuali deduzioni/detrazioni d’imposta di cui il contribuente può avvalersi.

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