Trust: cambio di rotta dell’Agenzia delle Entrate sulle imposte indirette

Con la circolare 34/E del 20 ottobre 2022 l’Agenzia delle Entrate, dopo tanti contenziosi che l’avevano vista soccombente, si adegua alla giurisprudenza di legittimità in tema di tassazione ai fini delle imposte indirette dei trust.

Per lungo tempo, infatti, l’Agenzia delle Entrate sosteneva che l’atto con il quale si dotava un trust di beni fosse assimilabile alla costituzione di un vincolo di destinazione, con applicazione dell’imposta sulle successioni e le donazioni.

Ciò appariva in contrasto con la situazione fattuale in quanto, con l’atto di dotazione, non vi era alcun arricchimento in capo ad alcuno, posto che i beneficiari del trust avevano una mera aspettativa di diventare destinatari dei beni inseriti nel trust.

La giurisprudenza di legittimità, dopo una prima fase di incertezza, era però intervenuta a correggere questa stortura, disponendo l’applicazione dell’imposta di successione e donazione al momento dell’attribuzione finale dei beni ai beneficiari e non al momento della semplice dotazione di beni in trust.

Con la circolare summenzionata l’Agenzia si conforma a detto orientamento. In particolare nella circolare si precisa:

  • che l’atto istitutivo con cui il disponente esprime la volontà di costituire il trust, se redatto con atto pubblico o con scrittura privata autenticata, è assoggettato all’imposta di registro in misura fissa anche quando nel medesimo atto venga disposta la dotazione patrimoniale al trust;
  • che la stessa tassazione si applica anche agli atti con cui il disponente dota il trust di beni, vincolandoli agli scopi del trust;
  • che gli atti con cui vengono attribuiti i beni vincolati in trust ai beneficiari realizzano il presupposto impositivo dell’imposta sulle successioni e donazioni;
  • che tale attribuzione stabile determina un arricchimento in capo al beneficiario in conseguenza dell’atto istitutivo o della devoluzione patrimoniale del trust, integrando il presupposto, con applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni all’atto di costituzione o di dotazione del trust;
  • che le aliquote e le franchigie sono individuate, all’atto della attribuzione dei beni, sulla base del rapporto di parentela intercorrente tra il disponente e il beneficiario;
  • che l’applicazione delle imposte ipotecaria e catastale alla fattispecie dei trust è dovuta, rispettivamente, per le formalità di trascrizione di atti che importano trasferimento di proprietà di beni immobili o costituzione o trasferimento di diritti reali immobiliari e per le volture catastali conseguenti ai medesimi atti.

Provvista di denaro per l’acquisto di un immobile: quando scatta l’esenzione dell’imposta sulle donazioni

Capita spesso, specialmente nell’ambito dei rapporti parentali, che un soggetto voglia mettere a disposizione delle somme di denaro a favore di un altro soggetto (es. un padre verso il proprio figlio) al fine di consentirgli l’acquisto di un immobile.

In questi casi la messa a disposizione del denaro può avvenire in due modi:

  • con un atto separato, con il quale il donante mette a disposizione le somme al donatario, il quale poi potrà utilizzarle come vuole (ivi incluso l’acquisto dell’immobile)
  • intervenendo direttamente nell’atto di acquisto dell’immobile e, in quella sede, dichiarando di mettere a disposizione in tutto o in parte le somme necessarie per l’acquisto.

Nel primo caso siamo di fronte ad una c.d. “donazione diretta” mentre nel secondo caso, quando è esplicitato il nesso tra donazione di denaro e acquisto dell’immobile, siamo di fronte ad una c.d. “donazione indiretta”, perché il denaro non viene messo a disposizione direttamente al donatario ma solo indirettamente, venendo utilizzato per l’acquisto dell’immobile.

Su queste due fattispecie è intervenuta l’Agenzia delle Entrate con la risposta all’istanza di interpello 366/2022 specificando che soltanto in caso di donazione indiretta si può avere il beneficio dell’esenzione dall’imposta sulle donazioni, in quanto la normativa esenta dall’imposta gli atti per i quali sia prevista l’applicazione dell’imposta di registro o dell’Iva.

Nel caso di donazione diretta, invece, cioè di donazione formalizzata con un atto separato, il beneficio dell’esenzione non spetta.

Donazioni denaro

Donazioni in denaro: quando si richiede l’atto pubblico

Accade abbastanza di frequente che, specialmente nell’ambito del medesimo nucleo familiare, si proceda a trasferire somme di denaro da un soggetto ad un altro con scopo di liberalità e per i più svariati motivi. Si pensi, ad esempio, al genitore che mette a disposizione del figlio la provvista di denaro necessaria per l’acquisto di un immobile.

Questi trasferimenti si ritiene debbano essere effettuati senza alcuna particolare formalità, ma andando a ben vedere il codice civile non è sempre così.

L’art. 782 c.c. dispone infatti che la forma della donazione sia quella dell’atto pubblico, addirittura sancendo la nullità della stessa in assenza del rispetto di tale obbligo.

L’unica deroga è contenuta nel successivo art. 783 c.c. che esenta dall’atto pubblico solo le donazioni aventi ad oggetto beni mobili (quindi anche denaro) di valore modico, inteso sia in senso oggettivo (valore del bene che ne è oggetto) sia in senso soggettivo (in relazione alle condizioni economiche del donante).

Ciò significa che donazioni di denaro importanti, se mancanti della forma di atto pubblico, rischiano di subire la mannaia della nullità, così come recentemente affermato anche dalla Cassazione con la sentenza n. 5488 del 18.02.2022.

A fronte di una donazione di un bene, anche se si tratta di somme di denaro e anche se avviene tra familiari, è sempre importante valutare la consistenza, in termini di valore, ed affidarsi all’atto pubblico quando gli importi non sono da considerarsi modici.

Imposta di successione: non contano le donazioni fatte in vita dal defunto

Secondo la Cassazione, nel calcolo delle franchigie per l’applicazione dell’imposta sulle successioni, non vanno considerate le donazioni fatte in vita dal defunto.

Il Testo Unico sull’Imposta sulle Successioni e Donazioni (TUS) prevede aliquote e franchigie diverse a seconda delle diverse tipologie di successioni. In particolar modo l’aliquota dell’imposta è:

  • del 4%, per i trasferimenti effettuati in favore del coniuge o di parenti in linea retta (ascendenti e discendenti) da applicare sul valore complessivo netto, eccedente per ciascun beneficiario, la quota di 1 milione di euro;
  • del 6%, per i trasferimenti in favore di fratelli o sorelle da applicare sul valore complessivo netto, eccedente per ciascun beneficiario, 100.000 euro;
  • del 6%, per i trasferimenti in favore di altri parenti fino al quarto grado, degli affini in linea collaterale fino al terzo grado, da applicare sul valore complessivo netto trasferito, senza applicazione di alcuna franchigia;
  • dell’8%, per i trasferimenti in favore di tutti gli altri soggetti da applicare sul valore complessivo netto trasferito, senza applicazione di alcuna franchigia.

Oltre alle franchigie di 100.000 euro e di 1 milione di euro, vi è una ulteriore franchigia, pari ad 1,5 milioni di euro, per i trasferimenti effettuati in favore di soggetti portatori di handicap, riconosciuto grave ai sensi della legge n. 104 del 1992.

Nel Testo Unico è ancora presente una norma che prevederebbe l’istituto del cosiddetto “coacervo” in base al quale, per effettuare il calcolo di aliquota e franchigie, alla massa ereditaria andrebbero sommate le donazioni fatte in vita da parte del defunto.

Secondo la Cassazione, però, detto istituto nasceva per un altro scopo e cioè per assicurare il rispetto della progressività dell’imposta quando le aliquote erano a scaglioni e non fisse.

A seguito dell’art. 69 della legge 342/2000, che ha introdotto il nuovo sistema di aliquote proporzionali fisse e non più per scaglioni, l’istituto del “coacervo”, secondo la Cassazione, sarebbe stato implicitamente abrogato, con la conseguenza di impedire di sommare alla massa ereditaria le donazioni fatte in vita.

Ciò comporta che, ad esempio, se il defunto ha donato in vita 300.000 euro al proprio coniuge e, al momento della morte, al coniuge spetta una parte dell’eredità corrispondente al valore di 900.000 euro, in entrambi i casi sarà applicabile la franchigia che esonererà dall’applicazione dell’imposta. Prima dell’intervento della Cassazione, invece, ai 900.000 euro di massa ereditaria si sarebbero sommati i 300.000 euro della donazione fatta in vita e l’imposta sarebbe stata dovuta, con l’aliquota del 4%, su 200.000 euro (dati da 900.000 euro più 300.000 euro meno la franchigia di 1.000.000 euro).

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