Ritenute negli appalti: gli obblighi per i committenti

Sin dal 2020, le imprese che affidano in appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati o con rapporti negoziali, lo svolgimento di attività con prevalente utilizzo della manodopera presso le sedi del committente e con utilizzo di beni strumentali di proprietà di quest’ultimo, sono soggette a particolari obblighi qualora l’appalto superi l’importo complessivo annuo di € 200.000.

In questi casi i committenti sono tenuti a richiedere all’impresa appaltatrice e alle eventuali subappaltatrici, copia delle deleghe di pagamento relative al versamento di ritenute dei lavoratori impiegati nell’esecuzione dell’appalto e/o subappalto.

Ogni impresa appaltatrice e/o subappaltatrice ha poi l’obbligo di effettuare il versamento delle ritenute dei lavoratori dipendenti con distinte deleghe per ciascun committente, e senza potersi avvalersi dell’istituto della compensazione.

Al fine di consentire al committente la verifica del rispetto dell’obbligo, entro 5 giorni lavorativi dal versamento le imprese appaltatrici/subappaltatrici trasmettono al committente – e, per le imprese subappaltatrici, anche all’impresa appaltatrice – le deleghe di pagamento e un elenco nominativo di tutti i lavoratori identificati mediante codice fiscale, impiegati nel mese precedente direttamente nell’esecuzione di opere o servizi affidati dal committente con il dettaglio delle ore di lavoro prestate da ciascun percipiente in esecuzione dell’opera o del servizio affidato, l’ammontare della retribuzione corrisposta al dipendente collegata a tale prestazione e il dettaglio delle ritenute fiscali eseguite nel mese precedente nei confronti di tale lavoratore, con separata indicazione di quelle relative alla prestazione affidata dal committente.

Qualora il committente rilevi la mancata trasmissione di cui sopra o l’omesso o insufficiente versamento delle ritenute fiscali rispetto alla documentazione trasmessa, egli deve sospendere il pagamento dei corrispettivi maturati fino a concorrenza del 20% del valore complessivo dell’opera o del servizio, ovvero per un importo pari all’ammontare delle ritenute non versate rispetto ai

dati risultanti dalla documentazione trasmessa dandone comunicazione entro 90 giorni all’Agenzia delle Entrate territorialmente competente nei suoi confronti. Qualora non ottemperi, il committente è obbligato al pagamento di una somma pari alla sanzione irrogata all’impresa appaltatrice/subappaltatrice per la violazione degli obblighi di corretta determinazione delle ritenute e di corretta esecuzione delle stesse, nonché di tempestivo versamento, senza possibilità di compensazione.

Gli obblighi di cui sopra non si applicano alle imprese appaltatrici/subappaltatrici che comunichino al committente, allegando la relativa certificazione, la sussistenza, nell’ultimo giorno del mese precedente a quello della scadenza prevista per l’invio delle deleghe al committente, dei seguenti requisiti:

  • risultino in attività da almeno 3 anni, siano in regola con gli obblighi dichiarativi e abbiano eseguito nel corso dei periodi d’imposta cui si riferiscono le dichiarazioni dei redditi presentate nell’ultimo triennio complessivi versamenti registrati nel conto fiscale per un importo non inferiore al 10% dell’ammontare dei ricavi o compensi risultanti dalle dichiarazioni medesime;
  • non abbiano iscrizioni a ruolo o accertamenti esecutivi o avvisi di addebito affidati agli agenti della riscossione relativi alle imposte sui redditi, all’Irap, alle ritenute e ai contributi previdenziali per importi superiori a € 50.000, per i quali i termini di pagamento siano scaduti e siano ancora dovuti pagamenti o non siano in essere provvedimenti di sospensione. Tali disposizioni non si applicano per le somme oggetto di piani di rateazione per i quali non sia intervenuta decadenza.

Welfare aziendale: aumenta la soglia esente per il 2022

Il Testo Unico delle Imposte sui Redditi prevede che non concorrono al reddito imponibile ai fini Irpef del dipendente, i beni ceduti e i servizi prestati dall’imprenditore nei limiti di euro 258,23. Si tratta dell’agevolazione attraverso la quale l’imprenditore può erogare anche il c.d. welfare aziendale ai propri dipendenti. Per gli anni d'imposta 2020 e 2021, tale limite (euro 258,23) era stato elevato a euro 516,46 dall'articolo 112 del Dl 104/2020.

Già il Decreto Aiuti bis aveva disposto, limitatamente all’anno 2022, l’innalzamento di detta soglia ad Euro 600,00, introducendo la possibilità di far rientrare in detto limite anche le somme erogate o rimborsate ai medesimi datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale.

Da ultimo, con il recente Decreto Aiuti quater viene ulteriormente alzata la soglia, passando da 600 euro a 3.000 euro, sempre limitatamente al solo anno 2022.

I lavoratori potenzialmente beneficiari dell’agevolazione sono i titolari di redditi di lavoro dipendente e assimilati. Sono quindi ricollegati alla norma, ad esempio:

·         i lavoratori soci delle cooperative di produzione e lavoro, delle cooperative di servizi, delle cooperative agricole e di prima trasformazione dei prodotti agricoli e delle cooperative della piccola pesca;

·         i titolari di borse e assegni di studio (potenzialmente anche se destinatari di trattamenti speciali di esenzione da Irpef come, ad esempio, assegni di ricerca, borse di dottorato di ricerca, ecc.);

·         i collaboratori coordinati e continuativi (tipici o atipici);

·         i sacerdoti per le loro remunerazioni - articoli 24, 33, lett. a), e 34 della Legge 222/1985 - comprese le congrue ed i supplementi di congrua;

·         i pensionati.

I benefici di cui alla norma agevolativa pro tempore non sono subordinati, come di regola il welfare aziendale, all’offerta o messa a disposizione alla generalità di dipendenti o categorie omogenee, potendo la stessa risolversi in un riconoscimento ad personam per il singolo lavoratore.

A ciò va aggiunta la precisazione che l'agevolazione in esame non distingue fra lavoratori dipendenti del settore privato e pubblico.

Per la specifica casistica relativa al pagamento delle utenze domestiche, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che le stesse:

  • devono riguardare immobili ad uso abitativo posseduti o detenuti, sulla base di un titolo idoneo, dal dipendente, dal coniuge o dai suoi familiari, a prescindere che negli stessi abbiano o meno stabilito la residenza o il domicilio, a condizione che ne sostengano effettivamente le relative spese;
  • possono essere anche utenze per uso domestico (idriche o di riscaldamento) intestate al condominio con oneri da ripartire fra i condòmini (che documentano l'onere per la quota rimasta a carico del singolo condomino);
  • possono essere utenze intestate al proprietario dell'immobile (locatore), se nel contratto di locazione è prevista espressamente una forma di addebito analitico e non forfetario a carico del lavoratore o dei propri coniuge e familiari (in veste di conduttore), sempre a condizione che tali soggetti sostengano effettivamente la relativa spesa;
  • non possono essere utenze sottoposte a rimborso a favore del lavoratore (quindi, in sostanza, costi non sostenuti), come ad esempio nel caso in cui il lavoratore risulti locatore che viene rimborsato dal proprio conduttore delle spese sostenute per le medesime utenze

In merito ai rimborsi e alle somme erogati ai lavoratori, l’Agenzia chiede la presentazione di una richiesta del lavoratore al datore di lavoro corredata da una serie di documenti , quali:

  • copia della documentazione giustificativa della somma spesa per la sua inclusione nel limite di 600 euro del sostituito;
  • dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà (Dpr 445/2000), con la quale il lavoratore richiedente formula alcune attestazioni.

Il datore di lavoro (sostituto d'imposta) e il richiedente (dipendente o assimilato) sono tenuti ad acquisire e conservare tutta la documentazione, ognuno per la propria necessità in presenza di eventuali controlli da parte dell'Amministrazione finanziaria.

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