Regime lavoratori impatriati: cosa cambia dal 2024

Con l’approvazione del decreto in materia di fiscalità internazionale – D.Lgs. 209/2023 – è stata disposta l’abrogazione del precedente regime agevolativo per i c.d. lavoratori impatriati, cioè un regime che mirava ad incentivare il ritorno in Italia di forze lavorative precedentemente residenti all’estero.

Il precedente regime è stato sostituito da uno nuovo, più restrittivo rispetto al precedente.

Il nuovo regime si applica esclusivamente ai seguenti redditi:

  • redditi di lavoro dipendente
  • redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente
  • redditi di lavoro autonomo derivanti dall’esercizio di arti e professioni

vengono quindi esclusi sia il reddito d’impresa che il reddito di lavoro autonomo diversi da quelli prodotti nell’esercizio di arti e professioni.

Il regime si applica ovviamente a chi trasferisce la residenza nel territorio dello Stato, comportando una riduzione della base imponibile del 50% fino ad un limite massimo di 600.000 euro. Viene quindi eliminata la previsione di maggior favore, che prevedeva una riduzione del 90% per chi trasferiva la propria residenza in una regione del Mezzogiorno.

Ai fini della concessione dell’agevolazione è necessario rispettare le seguenti condizioni:

  • i lavoratori si devono impegnare a risiedere fiscalmente in Italia per un periodo di tempo corrispondente a 4 anni;
  • i lavoratori non devono essere stati fiscalmente residenti in Italia nei 3 periodi d'imposta precedenti il loro trasferimento. Se il lavoratore presta l’attività lavorativa nel territorio dello Stato in favore dello stesso soggetto presso il quale è stato impiegato all'estero prima del trasferimento oppure in favore di un soggetto appartenente al suo stesso gruppo, il requisito minimo di permanenza all'estero è di:
    • 6 periodi d'imposta, se il lavoratore non è stato in precedenza impiegato in Italia in favore dello stesso soggetto oppure di un soggetto appartenente al suo stesso gruppo;
    • 7 periodi d'imposta, se il lavoratore, prima del suo trasferimento all'estero, è stato impiegato in Italia in favore dello stesso soggetto oppure di un soggetto appartenente al suo stesso gruppo;
  • l’attività lavorativa deve essere prestata per la maggior parte del periodo d'imposta nel territorio dello Stato;
  • i lavoratori devono essere in possesso di requisiti di elevata qualificazione o specializzazione cioè:
    • chi è in possesso di un diploma di laurea (almeno triennale)
    • chi è in possesso dei requisiti per l’accesso ad una professione regolamentata
    • chi è in possesso di un titolo di studio attestante il conseguimento di una qualifica professionale che rientri nei livelli 1, 2 e 3 della classificazione ISTAT delle professioni CP 2011

La durata dell’agevolazione è fissata in 5 periodi d’imposta, eliminando le precedenti durate differenziate, con inizio dal periodo di imposta in cui è avvenuto il trasferimento della residenza fiscale in Italia.

L’agevolazione passa dal 50% al 60% nei seguenti casi:

  • il lavoratore si trasferisce in Italia con un figlio minore;
  • in caso di nascita di un figlio ovvero di adozione di un minore di età durante il periodo di fruizione del presente regime. In tale caso il beneficio è fruito a partire dal periodo d'imposta in corso al momento della nascita o dell'adozione e per il tempo residuo di fruibilità dell'agevolazione

in questo caso la maggiore agevolazione di cui al punto precedente si applica a condizione che, durante il periodo di fruizione del regime da parte del lavoratore, il figlio minore di età, ovvero il minore adottato, sia residente nel territorio dello Stato.

Limitatamente ai soggetti che trasferiscono la propria residenza anagrafica nell'anno 2024 le nuove disposizioni si applicano per ulteriori 3 periodi di imposta nel caso in cui il contribuente è divenuto proprietario, entro la data del 31.12.2023 e, comunque, nei 12 mesi precedenti al trasferimento, di un’unità immobiliare di tipo residenziale adibita ad abitazione principale in Italia. In tal caso i redditi, negli ulteriori 3 periodi di imposta, concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 50% del loro ammontare.

Mensa e buoni pasto: focus sul trattamento fiscale

È facoltà del datore di lavoro la possibilità di fornire direttamente ai lavoratori un servizio di mensa. Ciò può essere fatto fondamentalmente:

  • tramite la somministrazione diretta del vitto da parte del datore di lavoro, come avviene nei ristoranti nei confronti del personale che lì vi opera
  • tramite la creazione di un servizio di mensa aziendale
  • tramite la stipula di apposite convenzioni con pubblici esercizi.

In tutti questi casi il servizio offerto, senza alcun limite di importo, è totalmente deducibile per il datore di lavoro e non risulta imponibile, né ai fini fiscali né ai fini previdenziali, per i lavoratori.

In alternativa alla fornitura diretta del servizio di mensa, il datore di lavoro può optare per indennità sostitutive di della mensa in denaro, che sono interamente deducibili per l’impresa e non imponibili per il lavoratore fino a 5,29 Euro giornalieri. Questa opzione è prevista esclusivamente per gli addetti:

  • ai cantieri edili
  • ad altre strutture lavorative a carattere temporaneo
  • a unità produttive ubicate in zone dove manchino strutture o servizi di ristorazione, compresa la panatica dei marittimi a terra

Infine, ed è questa la soluzione ampiamente utilizzata, è possibile fornire prestazioni sostitutive della mensa attraverso i c.d. “buoni pasto”, che possono essere forniti indipendentemente dal fatto che l’orario di lavoro del dipendente comprenda o meno l’orario di pranzo (quindi il buono pasto spetta anche al lavoratore part-time).

I buoni pasto, interamente deducibili per il datore di lavoro, scontano sul dipendente un trattamento differenziato:

  • sarà esente da imposizione (fiscale e contributiva) sino a 4 Euro al giorno se il buono ha formato cartaceo
  • sarà esente da imposizione (fiscale e contributiva) sino a 8 Euro al giorno se il buono ha formato elettronico

mentre la parte eccedente sarà pienamente imponibile.

È importante ricordare che le suddette agevolazioni sono valide se interessano la generalità dei dipendenti o intere categorie omogenee di essi.

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