Fatturazione elettronica per gli scambi con San Marino

Operazioni con San Marino, obbligo di fatturazione elettronica.

Con decreto del MEF del 21 giugno 2021 sono state dettate le nuove regole per l’estensione della fattura elettronica anche agli scambi tra l’Italia e la Repubblica di San Marino.

Gli accordi prevedono che le cessioni nei confronti di privati sono sempre soggette ad imposta nel Paese del fornitore, salvo quelle a distanza (compreso l'e-commerce indiretto) che sono imponibili nel Paese del cessionario se il fatturato delle vendite a distanza nell'anno solare precedente supera 28.000 euro.

Nulla cambia per i servizi. Le prestazioni verso operatori economici di San Marino che hanno comunicato l'identificativo, tuttavia, potranno essere documentate con fattura elettronica.

Le cessioni di beni verso San Marino sono documentate con fattura elettronica, ed eventualmente con nota di credito, mediante SdI. Le fatture verso privati continuano a essere documentate con fattura cartacea.

Le fatture elettroniche verso San Marino devono riportare il numero identificativo del cliente sanmarinese. In tal caso la cessione può essere considerata non imponibile ai sensi degli artt. 8 e 9, D.P.R. 633/1972. Sarà compito dello SdI trasmettere le fatture all'Ufficio Tributario di San Marino. Quest'ultimo verifica il regolare assolvimento dell'imposta, convalida la regolarità della fattura e comunica l'esito del controllo al competente ufficio dell'Agenzia delle Entrate attraverso apposito canale telematico.

Entro 4 mesi dall'emissione della fattura, il cedente italiano deve verificare sul proprio canale telematico l'esito del controllo. Qualora il controllo fosse negativo è onere del cedente emettere nota di variazione entro i successivi 30 giorni, integrando l'Iva senza incorrere in sanzioni ed interessi.

Se non vi è obbligo di emissione della fattura elettronica occorre emettere fattura cartacea in triplice copia ed attendere copia vidimata dall'Ufficio tributario sempre entro 4 mesi.

Anche le fatture passive che gli italiani ricevono da fornitori di San Marino diventeranno elettroniche in via facoltativa dal 1.10.2021 e obbligatoriamente dal 1.07.2022, ma solo per i fornitori con ricavi superiori a 100.000 euro. Le fatture passive possono avere Iva italiana esposta. In tal caso l'Iva è versata all'Erario italiano dal fornitore sanmarinese tramite l'Ufficio tributario e la detrazione dell'imposta per il cessionario italiano (soggetto passivo) è consentita solo a valle dei controlli di regolarità comunicati per via telematica.

Se le fatture sono ricevute senza addebito di imposta, sarà invece il cessionario italiano ad assolvere l'Iva mediante autofatturazione.

Le nuove norme entrano in vigore l’1 ottobre 2021 ma è concessa la possibilità di continuare ad utilizzare la modalità cartacea fino al 30 giugno 2022.

E-commerce da luglio cambia tutto

E-commerce con vendita intracomunitaria: da luglio cambia tutto.

Dall’1 luglio 2021 il mondo dell’e-commerce, al quale tante aziende nostrane si sono approcciate anche a causa dell’emergenza COVID, subirà delle importanti modifiche a seguito del recepimento della direttiva (UE) 2017/2455 che interesserà le seguenti tipologie di operazioni transfrontaliera:

  • vendite a distanza di beni importati da territori terzi o Paesi terzi effettuate da fornitori e fornitori presunti (fatta eccezione per i beni sottoposti ad accisa);
  • vendite a distanza intracomunitarie di beni effettuate da fornitori o fornitori presunti;
  • vendite di beni sul mercato interno da parte di fornitori presunti;
  • prestazioni di servizi da parte di soggetti passivi non stabiliti nell’UE o da parte di soggetti passivi stabiliti nell’UE, ma non nello Stato membro di consumo a favore di persone che non sono soggetti passivi (consumatori finali).

Vediamo in particolare cosa cambia per le vendite a distanza intracomunitarie (che coinvolgono quindi anche le vendite tramite e-commerce o commercio elettronico indiretto).

Vendite intracomunitarie a distanza di beni a consumatori finali

Fino ad oggi ogni paese comunitario fissava una soglia (da 35.000 euro a 100.000 euro) al di sotto della quale le vendite effettuate a consumatori finali di quel paese si consideravano fatte nel paese di provenienza del bene, con relativa applicazione dell’Iva di quel paese.

Per esempio un commerciante italiano che vendeva beni a distanza a consumatori finali francesi, se non superava la soglia annua di 35.000 euro di fatturato poteva vendere applicando l’Iva italiana. Superata tale soglia vi era la necessità, per il commerciante italiano, di identificarsi in Francia aprendo lì una relativa partita Iva e applicando l’Iva francese sulle vendite effettuate.

Dall’1 luglio le soglie vengono uniformate al ribasso, stabilendo un’unica soglia di 10.000 euro valevole per la somma delle vendite effettuate in tutti gli stati UE, al superare della quale sarà necessario alternativamente:

  • identificarsi nel paese di destinazione della merce con una propria partita Iva, applicando quindi l’Iva del paese di destinazione
  • aderire al sistema OSS, che consente di fare un’unica dichiarazione Iva ed effettuare un unico pagamento su tutte le cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate nel periodo, interloquendo con la sola Agenzia delle Entrate.

Da un lato avremo quindi una semplificazione perché, registrandosi sul sito dell’Agenzia delle Entrate con il sistema OSS, potremo vendere a distanza in tutta la UE anche sopra soglia senza dovere aprire singole partite Iva in ogni singolo Stato.

Dall’altro, con l’abbassamento delle soglie, il sistema si complica se la soglia si supera perché andranno applicate alle singole vendite le aliquote Iva dello Stato di destinazione del bene e non più quelle italiane. Quindi un commerciante italiano che, nell’esempio precedente, fatturava 20.000 euro di vendite a distanza con la Francia, prima poteva vendere applicando l’Iva italiana, mentre da luglio dovrà applicare le aliquote Iva francesi.

In particolare, dato che per le vendite effettuate nei confronti di privati consumatori stabiliti in un altro Stato UE per un valore superiore a € 10.000 le aliquote IVA da applicare saranno quelle dei Paesi comunitari di destinazione dei beni, le imprese dovranno avere un data base costantemente aggiornato che contenga le aliquote IVA di tutti i Paesi UE.

Agevolazioni per l’acquisto della prima casa per i più giovani

Agevolazioni per l’acquisto della prima casa per i più giovani

Tra le misure agevolative previste dal Decreto Sostegni-bis, una riguarda l’acquisto di case di abitazioni per gli under-36.

Beneficiari dell’agevolazione sono coloro che ancora non hanno compiuto 36 anni nell’anno in cui viene rogitato l’atto e che hanno un valore dell’Isee non superiore a 40mila euro.

Al verificarsi di tali circostanze, gli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà e quelli traslativi o costitutivi della nuda proprietà, dell’usufrutto, dell’uso e dell’abitazione sono esenti dall’imposta di registro e dalle imposte ipotecaria e catastale.

Se la compravendita è assoggettata a Iva, all’acquirente under 36 spetta, oltre all’esenzione dalle imposte di registro e ipocatastali, un credito d’imposta in misura pari proprio all’Iva pagata in relazione all’acquisto. In questo caso il bonus è spendibile in diminuzione dalle imposte di registro, ipotecaria, catastale, sulle successioni e donazioni dovute su atti e denunce successivi all’acquisizione del credito oppure in diminuzione delle imposte sui redditi dovute in base alla dichiarazione da presentare dopo la data dell’acquisto o, ancora, in compensazione tramite modello F24.

Per gli stessi soggetti e in riferimento agli stessi immobili, è prevista anche l’esenzione dall’imposta sostitutiva dello 0,25%, ordinariamente dovuta sui finanziamenti per l’acquisto, la costruzione e la ristrutturazione della prima casa.

Il beneficio è applicabile unicamente alle abitazioni accatastate in categorie diverse da A/1, A/8 e A/9 e si applicano agli atti stipulati dalla data di entrata in vigore della norma e fino al 30 giugno 2022.

Recupero IVA su crediti non riscossi

Recupero dell’Iva su crediti non riscossi nelle procedure concorsuali

Il Decreto Sostegni-bis interviene “a metà” sull’annoso problema del recupero dell’Iva su crediti non riscossi nelle procedure concorsuali.

Fino ad oggi, infatti, il creditore che vantasse un credito nell’ambito di una procedura concorsuale, non poteva recuperare l’Iva sulla parte di credito non riscosso – nonostante, magari, si stimasse già una parziale irrecuperabilità dello stesso – se non alla fine della procedura, con il risultato di dover anticipare importi anche importanti di Iva su somme che non si sarebbero comunque percepite.

Il Decreto appena emanato viene stabilito che, in caso di mancata riscossione di crediti vantati nei confronti di cessionari o committenti coinvolti in procedure concorsuali (fallimento o concordato preventivo), è possibile effettuare le conseguenti variazioni in diminuzione sin dall’apertura della procedura, senza doverne quindi attendere la conclusione infruttuosa, oppure dalla data del decreto che omologa un accordo di ristrutturazione dei debiti o dalla data di pubblicazione nel registro delle imprese di un piano attestato.

In tal modo, il cedente o prestatore può recuperare l’imposta versata all’Erario e non riscossa (ovviamente, permane l’obbligo di effettuare nuovamente il versamento qualora parte del corrispettivo venisse successivamente pagata).

L’intervento, da tempo atteso, è però un intervento parziale perché applicabile esclusivamente alle procedure concorsuali avviate successivamente alla data di entrata in vigore della norma. Niente da fare, quindi, per i creditori in procedure già aperte, con una inspiegabile diversità di trattamento per situazioni del tutto analoghe.

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E-commerce con vendita intracomunitaria: da luglio cambia tutto.

Dall’1 luglio 2021 il mondo dell’e-commerce, al quale tante aziende nostrane si sono approcciate anche a causa dell’emergenza COVID, subirà delle importanti modifiche a seguito del recepimento della direttiva (UE) 2017/2455 che interesserà le seguenti tipologie di operazioni transfrontaliera:

  • vendite a distanza di beni importati da territori terzi o Paesi terzi effettuate da fornitori e fornitori presunti (fatta eccezione per i beni sottoposti ad accisa);
  • vendite a distanza intracomunitarie di beni effettuate da fornitori o fornitori presunti;
  • vendite di beni sul mercato interno da parte di fornitori presunti;
  • prestazioni di servizi da parte di soggetti passivi non stabiliti nell’UE o da parte di soggetti passivi stabiliti nell’UE, ma non nello Stato membro di consumo a favore di persone che non sono soggetti passivi (consumatori finali).

Vediamo in particolare cosa cambia per le vendite a distanza intracomunitarie (che coinvolgono quindi anche le vendite tramite e-commerce o commercio elettronico indiretto).

Vendite intracomunitarie a distanza di beni a consumatori finali

Fino ad oggi ogni paese comunitario fissava una soglia (da 35.000 euro a 100.000 euro) al di sotto della quale le vendite effettuate a consumatori finali di quel paese si consideravano fatte nel paese di provenienza del bene, con relativa applicazione dell’Iva di quel paese.

Per esempio un commerciante italiano che vendeva beni a distanza a consumatori finali francesi, se non superava la soglia annua di 35.000 euro di fatturato poteva vendere applicando l’Iva italiana. Superata tale soglia vi era la necessità, per il commerciante italiano, di identificarsi in Francia aprendo lì una relativa partita Iva e applicando l’Iva francese sulle vendite effettuate.

Dall’1 luglio le soglie vengono uniformate al ribasso, stabilendo un’unica soglia di 10.000 euro valevole per la somma delle vendite effettuate in tutti gli stati UE, al superare della quale sarà necessario alternativamente:

  • identificarsi nel paese di destinazione della merce con una propria partita Iva, applicando quindi l’Iva del paese di destinazione
  • aderire al sistema OSS, che consente di fare un’unica dichiarazione Iva ed effettuare un unico pagamento su tutte le cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate nel periodo, interloquendo con la sola Agenzia delle Entrate.

Da un lato avremo quindi una semplificazione perché, registrandosi sul sito dell’Agenzia delle Entrate con il sistema OSS, potremo vendere a distanza in tutta la UE anche sopra soglia senza dovere aprire singole partite Iva in ogni singolo Stato.

Dall’altro, con l’abbassamento delle soglie, il sistema si complica se la soglia si supera perché andranno applicate alle singole vendite le aliquote Iva dello Stato di destinazione del bene e non più quelle italiane. Quindi un commerciante italiano che, nell’esempio precedente, fatturava 20.000 euro di vendite a distanza con la Francia, prima poteva vendere applicando l’Iva italiana, mentre da luglio dovrà applicare le aliquote Iva francesi.

In particolare, dato che per le vendite effettuate nei confronti di privati consumatori stabiliti in un altro Stato UE per un valore superiore a € 10.000 le aliquote IVA da applicare saranno quelle dei Paesi comunitari di destinazione dei beni, le imprese dovranno avere un data base costantemente aggiornato che contenga le aliquote IVA di tutti i Paesi UE.

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Iva al 10% anche per l’asporto e la consegna a domicilio

Con la Legge di bilancio 2021 viene introdotta un’agevolazione, a fini Iva, per le preparazioni alimentari destinate all’asporto e alla consegna a domicilio, la cui rilevanza si è incrementata considerevolmente a seguito delle limitazioni conseguenti la pandemia da coronavirus.

Finora, infatti, sulla base della normativa italiana ed europea in vigore, l’aliquota Iva agevolata al 10% era limitata alla somministrazione di alimenti e bevande all’interno di locali aperti al pubblico, con esclusione dei casi in cui il consumo avvenisse all’esterno degli stessi, a seguito di asporto o consegna a domicilio.

Già nel novembre 2020 il Ministero delle Finanze si era pronunciato per un’estendibilità dell’applicazione dell’aliquota del 10% anche ad asporto e consegna a domicilio ma mancava ancora una norma che autorizzasse questa interpretazione (l’Agenzia delle Entrate, in sede di interpello, aveva infatti escluso la possibilità che asporto e consegna a domicilio potessero essere assimilati alla somministrazione.

Adesso l’intervento normativo, che ha carattere interpretativo ed è valevole quindi anche per il passato, afferma che la nozione di preparazioni alimentari alle quali si applica l’aliquota Iva ridotta al 10% deve essere interpretata nel senso che in essa rientrano anche le cessioni di piatti pronti e di pasti che siano cotti, arrostiti, fritti o altrimenti preparati in vista del loro consumo immediato, della loro consegna a domicilio o dell’asporto.

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Prime indicazioni a seguito della Brexit

Così come previsto dai precedenti accordi tra Unione Europea e Regno Unito, dall’1 gennaio 2021 quest’ultimo non fa più parte del mercato unico.

Nonostante la stipula in extremis di un accordo commerciale di cooperazione, che si applica in via provvisoria fino al 28 febbraio 2021 in attesa della ratifica, e per i cui dettagli applicativi si dovranno attendere apposite circolari dell’Agenzia delle Entrate e dell’Agenzia delle Dogane, esistono già degli aspetti che andranno considerati nei rapporti con il Regno Unito da attuarsi dall’1 gennaio 2021. Vediamo quali.

Cessioni ed acquisti di beni

Per quanto attiene alle cessioni di beni verso il Regno Unito:

  • fino al 31 dicembre 2020 erano considerate cessioni intracomunitarie ex art. 41, D.L. 331/93
  • dall’1 gennaio 2021 saranno esportazioni non imponibili ex art. 8, comma 1, lett. a) e b) del D.P.R. 633/72

Per quanto riguarda gli acquisti dal Regno Unito:

  • fino al 31 dicembre 2020 erano soggetti al meccanismo dell’inversione contabile, ex art. 38 del D.L. 331/93, con integrazione della fattura ricevuta
  • dall’1 gennaio 2021, pur rimanendo soggetti al meccanismo dell’inversione contabile, ma tramite autofattura, verranno trattati come importazioni ai sensi degli artt. 67 e 68 del D.P.R. 633/73

Prestazioni di servizi

In merito alle prestazioni di servizi:

  • fino al 31 dicembre 2020 venivano effettuate ai sensi dell’art. 7-ter del D.P.R. 633/72
  • dall’1 gennaio 2021:
    • in caso di prestazioni rese a operatori del Regno Unito, andranno fatturate ai sensi dell’art. 7 del D.P.R. 633/72 come “operazione non soggetta”
    • in caso di prestazioni ricevute da operatori del Regno Unito, è obbligatoria l’applicazione del reverse charge tramite emissione di autofattura.

Modelli Intrastat

Dall’1 gennaio 2021 non sarà più necessario presentare gli elenchi riepilogativi Intrastat per le operazioni con il Regno Unito.

Esenzione dazi

L’esenzione da dazi nel Regno Unito per i prodotti di origine UE viene concessa alle seguenti condizioni:

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Slittano le scadenze fiscali di novembre, ma non per tutti.

Per alleviare parzialmente il peso economico della pandemia su chi ne ha subito di più le conseguenze negative, il Decreto Ristori quater introduce una mini proroga per i versamenti del mese di dicembre relativi:

  • ai versamenti delle ritenute alla fonte sui redditi da lavoro dipendente e assimilati (artt. 23 e 24 Dpr 600/1973), e delle trattenute relative all'addizionale regionale e comunale, che vengono operate in qualità di sostituti d'imposta;
  • ai versamenti relativi all'Iva;
  • ai versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali.

Per beneficiare della proroga sono però necessari due requisiti concomitanti:

  • l’impresa o il professionista non devono aver avuto ricavi o compensi superiori a 50 milioni di euro nel periodo d’imposta 2019
  • i predetti soggetti devono aver avuto una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi di almeno il 33% nel mese di novembre 2020 rispetto allo stesso mese dell’anno precedente.

Non devono rispettare i suddetti requisiti, e quindi beneficiano in automatico della disposizione:

  • i soggetti che hanno intrapreso l’attività di impresa, arte o professione successivamente al 30 novembre 2019
  • ii soggetti che esercitano le attività economiche sospese ai sensi dell'art. 1 Dpcm 3.11.2020, aventi domicilio fiscale, sede legale o sede operativa in qualsiasi area del territorio nazionale;
  • i soggetti che esercitano le attività dei servizi di ristorazione che hanno domicilio fiscale, sede legale o sede operativa nelle aree del territorio nazionale caratterizzate da uno scenario di elevata o massima gravità (zone rosse e arancioni) e da un livello di rischio alto come individuate alla data del 26.11.2020 con le ordinanze del Ministro della salute;
  • ii soggetti che operano nei settori economici individuati nell'allegato 2 D.L. 149/2020, ovvero esercitano l'attività alberghiera, l'attività di agenzia di viaggio o di tour operator, e che hanno domicilio fiscale, sede legale o sede operativa nelle aree del territorio nazionale caratterizzate da uno scenario di massima gravità e da un livello di rischio alto (zone rosse) come individuate alla data del 26.11.2020 con le ordinanze del Ministro della salute.

Gli importi sospesi andranno versati in un’unica soluzione entro il 16 marzo 2021 o, mediante rateizzazione fino ad un massimo di 4 rate mensili di pari importo a partire dalla suddetta data.

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Decreto Ristori-bis – Rinvio di alcune tipologie di versamenti fiscali e contributivi

Il Decreto Ristori-bis interviene disponendo alcune sospensioni e proroghe di versamenti di imposte e contributi a causa dell’epidemia da Coronavirus. Vediamo di cosa si tratta.

Slittamento dell’acconto di novembre per i soggetti ISA

Un primo intervento di proroga riguarda le imposte e dirette e l’Irap e, per la precisione, il pagamento del secondo acconto in scadenza il 30 novembre con una sua proroga al 30 aprile 2021.

La possibilità di proroga riguarda le categorie economiche elencate negli Allegato 1 e Allegato 2 del Decreto Ristori-bis per le quali sono stati approvati gli indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA) o che, anche se non hanno avuto gli ISA approvati, rientrano nelle seguenti categorie:

  • i contribuenti che adottano il regime fiscale forfetario o di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e i lavoratori in mobilità;
  • i soggetti che partecipano a società, associazioni e imprese in regime di trasparenza fiscale, aventi i requisiti indicati per fruire della proroga;
  • i soggetti che presentano cause di esclusione o di inapplicabilità dagli ISA (ad esempio, contribuenti che hanno iniziato o cessato l’attività nel corso del periodo d’imposta o che non si trovano in condizioni di normale svolgimento dell’attività).

Le suddette attività beneficiano tutte della proroga se si trovano all’interno delle zone rosse. Per le zone arancioni (come ad esempio la Sicilia) la proroga è prevista esclusivamente per gli esercenti l’attività di gestione di ristoranti.

Per tutte queste attività il versamento del secondo o unico acconto delle imposte sui redditi e IRAP dovuto entro il 30 novembre 2020 può essere effettuato entro il 30 aprile 2021 senza alcuna maggiorazione.

Rimane comunque in vigore la norma del Decreto Agosto che prevede un’analoga proroga, ma limitata ai soggetti ISA che hanno subito una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi di almeno il 33% nel primo semestre dell’anno 2020 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Sospensione dei versamenti di ritenute, addizionali e IVA di novembre

Una seconda opportunità del Decreto Ristori-bis riguarda la sospensione delle imposte dovute dai sostituti sui redditi di lavoro dipendente, addizionali e dell’Iva relativi al mese di novembre.

Così il 16 novembre, per i soggetti interessati, non dovranno essere effettuati i versamenti relativi:

  • ai versamenti relativi alle ritenute alla fonte su redditi di lavoro dipendente e assimilati (articoli 23 e 24, D.P.R. n. 600/1973) e alle trattenute relative all’addizionale IRPEF regionale e comunale, da parte dei soggetti che operano in qualità di sostituti d'imposta;
  • ai versamenti relativi all'IVA.

La sospensione si applica ai soggetti che:

  • esercitano le attività economiche sospese di cui al D.P.C.M. del 3 novembre 2020 (quali, ad esempio, palestre, piscine, musei, discoteche) indipendentemente dalla zona, sia essa gialla, arancione o rossa;
  • esercitano le attività dei servizi di ristorazione nelle zone rosse o arancioni;
  • operano nei settori economici individuati nell’allegato 2 oppure esercitano l’attività alberghiera, l’attività di agenzia di viaggio o quella di tour operator, e si trovano nelle zone rosse.

La sospensione è valida fino al 16 marzo 2021 ed entro quella data andrà versato l’intero importo in un’unica soluzione o suddiviso in 4 rate mensili.

Reso merce, la procedura in caso di buono spesa

Con una risposta ad un interpello presentato da un contribuente, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito la procedura da adottarsi nel caso, abbastanza frequente, di reso della merce da parte del cliente a cui fa seguito l’emissione di un buono di pari importo utilizzabile per successivi acquisti presso il medesimo punto vendita.

In particolar modo l’Agenzia distingue due tipologie di buoni, a cui si accompagnano due diverse procedure da seguire:

  • il buono è monouso se, al momento della sua emissione, è già nota la disciplina Iva applicabile alle cessioni di beni o alle prestazioni di servizi a cui il buono dà diritto;
  • il buono è multiuso se, al momento della sua emissione, non è nota la disciplina Iva applicabile alle cessioni di beni o alle prestazioni di servizi a cui il buono dà diritto.

Quindi, in pratica, se il buono è destinato all’acquisto di beni della stessa natura, qualità e quantità di quelli resi, il buono sarà monuso, altrimenti sarà da considerarsi multiuso (ad esempio nel caso in cui il punto vendita commercializzi merce con diverse aliquote Iva e il buono dia diritto indifferentemente all’acquisto di beni di tipologia diversa da quello reso).

Nel caso di reso di merce con emissione di buono monouso la procedura di reso da adottare è la seguente:

  • al momento della riconsegna del bene, va emesso un documento commerciale per reso merce, con rettifica totale o parziale del corrispettivo e dell’Iva, e che richiami il documento commerciale emesso con il riferimento all’operazione originaria;
  • al momento della consegna del buono (cui va attribuito un numero identificativo da associare alla pratica di reso) al cliente va emesso un nuovo documento commerciale, con l’indicazione dell’imponibile e dell’Iva affinché il totale corrisponda con il valore del buono. E’ altresì opportuno indicare sul buono che trattasi di “buono corrispettivo monouso”;
  • al momento del nuovo acquisto il buono verrà utilizzato come mezzo di pagamento, riportando il numero identificativo all’interno del documento commerciale o utilizzando la cosiddetta “appendice” disponibile in alcuni registratori telematici.

Nel caso di reso di merce con emissione di buono multiuso la procedura di reso da adottare è la seguente:

  • al momento della riconsegna del bene, va emesso un documento commerciale per reso merce, con rettifica totale o parziale del corrispettivo e dell’Iva, e che richiami il documento commerciale emesso con il riferimento all’operazione originaria;
  • al momento della consegna del buono (cui va attribuito un numero identificativo da associare alla pratica di reso) al cliente non vi è la necessità di emettere un nuovo documento commerciale. Qualora l’esercente volesse comunque memorizzare l’operazione di consegna del buono potrà farlo emettendo un documento commerciale che dovrà però riportare il codice natura “N2” (“non soggette”). E’ altresì opportuno indicare sul buono che trattasi di “buono corrispettivo monouso”;
  • al momento del nuovo acquisto verrà emesso il documento commerciale e il buono verrà utilizzato come mezzo di pagamento, riportando il numero identificativo all’interno del documento commerciale o utilizzando la cosiddetta “appendice” disponibile in alcuni registratori telematici.
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